martedì 23 settembre 2008

FESTIVAL DEL DIRITTO 2008 (PIACENZA)

Ciao a tutt*,
Vi informo che da giovedì 25 settembre a domenica 28, si terrà a Piacenza il primo Festival del diritto sotto la direzione scientifica di Stefano Rodotà. Nei mesi scorsi ho steso e presentato agli organizzatori del festival un progetto a nome dell'associazione L'A.T.OMO (Arcigay piacenza) che ha come oggetto la tematica delle nuove famiglie. Il progetto è stato in parte accolto ed inserito all'interno del programma dell'evento. Giovedì 25 Settembre presso l'auditorium S. Ilario (Via Garibaldi n° 17) di Piacenza alle ore 21, vi sarà quindi la proiezione del Film-documentario " Improvvisamente l'inverno scorso ", preceduta dall'Intervento di Valeriano Scassa (presidente dell'Atomo), che parlerà delle attività dell'associazione piacentina e di ciò che comporta la presenza o l'assenza di norme a tutela delle coppie di fatto in un sistema giuridico, e dal mio, durante il quale discuterò delle implicazioni etiche dei principi fondativi della Costituzione in merito all'argomento delle nuove famiglie.Vi prego di partecipare numerosi e di avvisare quanta più gente possibile.
il link del Festival del diritto è il seguente, lì troverete il programma completo e le mappe per raggiungerci:
http://www.festivaldeldiritto.it/index.php
Un abbraccio a tutt*
DOMENICO ALFARONE

venerdì 19 settembre 2008

Catastrofismi Risonanti e Pensieri Entropici

Muñoz Degrain anacoreta

Oggi il catastrofismo degli articoli che ho letto si accorda bene col mio umore.... che dire, forse nel mio disprezzo del mondo sono in assoluta contiguità emotiva con esso; lo disprezzo proprio perché è disprezzabile e si disprezza da sé e nel tentativo di disprezzarsi in modo opportuno sembra crogiolarsi nell'inevitabilità dell'esito del suo divenire: il mondo muore a se stesso come se la sua funzione primaria fosse la sua propria estinzione....
Se oggi fossi nel Medioevo (tanto per giocare su un paradosso temporale) probabilmente sarei uno di quei monaci pazzi che predica il "contemptus mundi" attraverso l'esilio dal mondo.... eppure ne sono così invischiato -di Realtà intendo- la capisco e contribuisco al suo essere proprio nel momento in cui la giudico inaccettabile e incomprensibile; nel tentativo di emergere dai suoi liquami non faccio altro che affondarvi più profondamente. Ho sempre pensato che ci fosse una differenza abissale tra chi vuole cambiare il mondo e chi lo vuole distruggere o lo vuole rifuggire... oggi nell'incostante schizofrenia delle posizioni che sostengo, questa differenza mi sembra così labile da tradursi in una mera questione di termini. A rigore, cambiare il mondo è come distruggerlo per ciò che è; il rinnovamento o meglio, la rinascita, implica necessariamente una morte antecedente, una conflagrazione dalle cui ceneri possa rinascere l'"Altro", eppure sento dentro me l'invincibile convinzione che anche questo "nuovo Altro" diventerà inesorabilmente un "vecchio Identico", ma allora la fuga è forse l'esito più ragionevole?
ANACHOREO, io mi ritiro... è la risposta? Non saprei, anzi, no, sicuramente no, perchè non è altro che una manifestazione stessa del sistema, fuggire dal sistema diventa il modo per riproporlo, e l'idea di ritagliarmi addosso la scadente icona dell'Eremita, mi fa solo sentire incatenato da un destino indovino, nel tentativo di fuggire non sarei altro che una carta pescata dal mazzo dei tarocchi... tra le altre. Quindi? Quindi nulla, non ho mai detto che le mie considerazioni di oggi volessero avere un senso profetico o volessero porsi come la prospettiva di un agire o anche di un non agire, sono solo la trasposizione linguistica delle domande che oggi (e per fortuna non molti altri giorni dell'anno) mi abbracciano.
Infine, giusto per celebrare l'eterno ritorno al reale insito nel mio volerlo fuggire-cambiare-distruggere rimando a ciò che ho letto:


http://www.repubblica.it/2007/02/rubriche/bussole/consenso/consenso.html
http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/economia/crisi-mutui-6/crisi-mutui-6/crisi-mutui-6.html
http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/scienza_e_tecnologia/batterio-invincibile/batterio-invincibile/batterio-invincibile.html
http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/esteri/georgia/georgia/georgia.html

Un saluto a tutti.
(e questa è forse la cosa più sensata che ho detto.... bah, insomma, oggi è così, domani tornerò del mio solito umore)



eremita

mercoledì 10 settembre 2008

CHIèDI scena?

Laboratorio teatrale (Chièdi scena?)

Si tratta di un laboratorio teatrale che partirà ad Ottobre a Piacenza, per maggiori informazioni contattate pure me o, meglio ancora, chiamate il conduttore del corso (il suo numero lo trovate in fondo al volantino).

venerdì 5 settembre 2008

Tragitti mentali


Tragitti mentali

Seduto sul tram
tento troppa attenzione intorno.
Tradisco convergenze tantriche di
occhiataccie
incespicanti sull'orlo del mio
microcosmo.

Intanto
il tragitto del mio epiciclo
interiore è già tangente
al ritroso vicino
trasposto nel mio
transumanante attrito.

Si allontana, ancora ignoto, dal mio
amplesso di coscienza.
Interrotto il ritmato andamento
scende
dai miei
pensieri.

Peccato era proprio figo.

mercoledì 13 agosto 2008

Sveglia



Sveglia

Occhi incrostati di
attimi persi
-sgocciolanti veloci
dal fluire del tempo-
a maledire i rintocchi
sgraziati della
zelante custode del giorno.
Testarda presuntuosa
squittisce imperterrita il suo
graffiante ordine con
sgualdrinesco vociare.

Mentre vomito
schiumosa bava
dalle fauci impastate
al sapore di menta,
digrigno i denti
al pensiero di quel suo
elettrico ronzare
che si frantuma fracassante e
ripercuote i timpani
della mia memoria
a breve.
Termine.
Quindi inizio.
(il giorno).

venerdì 1 agosto 2008

Fascismi serpeggianti




Il video è noto e stranoto; ha acceso polemiche a non finire e, tanto per cambiare, il mondo gay, o meglio, l'Arcigay s'è indignato e ha lanciato i suoi strali contro Sabina. E' una strategia ben nota che ormai va per la maggiore in Arcigay... la politica dello sgomento, del vittimismo a tutti i costi e della frignata facile. Posto che è più che giusto indignarsi per certe cose, ben più dell'indignazione contano gli argomenti e bisogna dire che su questo punto la tecnica comunicativa di alcune associazioni (ma certo anche i media ufficiali non aiutano) fa acqua da tutte le parti col risultato che dell'intero movimento passa l'immagine di un'accozzaglia di lagnosi a priori.




Ma veniamo al nodo gordiano da dipanare. Sabina dice due cose sul Pride. La prima è, in effetti, inesatta. Non c'è stato nessuno spostamento del Pride nazionale da Roma a Bologna. Si trattava di eventi separati ; il pride a Roma (che non era il pride nazionale) c'è stato e se è per questo non è neppure vero che la "questione di piazza s. Giovanni" sia stata accettata in silenzio da tutto il movimento (basti pensare al fatto che "facciamo breccia" ha anzi occupato addirittura piazza s. Pietro con uno striscione tutt'altro che sottomesso : "il Vaticano occupa l'Italia, noi occupiamo il Vaticano"). Ma se su questo punto Sabina ha commesso un errore, in parte giustificato dalle poche e confuse notizie che sono state date sul pride, sull'altro punto ha completamente ragione.



Ed ecco la vera questione: l'ormai famigerato "Italo". Quando ho sentito quello che diceva Sabina mi sono detto: "no, è impossibile... ci deve essere un errore io sono stato al pride di Bologna e non mi pare di aver visto nulla del genere". Così gironzolo un po' su internet e scopro con disgusto che invece è tutto vero. Vado allora a vedere la risposta dell'Arcigay che seguendo le lezioni berlusconiana e di bossi grida al fraintendimento, sostiene che Italo è un gioco, uno scherzo (come i fucili di bossi o le altre colorite "metafore" degli esponenti della destra) e accusa la Guzzanti di equivocare.



"Sorprendono anche le critiche su ‘Italo’ uno dei tanti personaggi della campagna BolognaPride proprio perché provengono da una comica, che dovrebbe dunque conoscere molto bene i meccanismi di ridicolizzazione che passano attraverso il ribaltamento dello stereotipo. Italo per noi è il gay di estrema destra che non riesce a risolvere la contraddizione di militare in un’area politica che i gay li massacra e di essere allo stesso tempo innamorato di un suo camerata; Italo dunque picchia i ‘froci’ proprio perché ‘frocio’.
‘Italo’ è un affondo a quell’ideologia machista che animerebbe le tante balde ‘teste rasate’, una presa in giro pesante perché ribalta lo stereotipi del ‘virilissimo’ fascista.
Sabina Guzzanti è riuscita ad equivocare tutto questo, sostenendo erroneamente che c’erano bandierine di Italo sul palco, ma sopratutto affermando che l’uso di Italo era direttamente collegato alla volontà del Pride di non prendere posizioni antifasciste. "
http://www.bolognapride.it/2008/07/10/no-cav-day/#more-355
(comitato organizzatore pride Bologna 2008)



Questa la risposta dell'arcigay, ora perché non dare un occhio al camerata Italo?



Riporto qui la scritta completa del volantino (nel caso aveste difficoltà a leggerla)



«Essere maschio significa picchiare, soprattutto i froci, meglio se in tanti contro uno, perché l’onore virile deve essere difeso. Se poi ti accorgi che il sabato sera, a CasaPound, al concerto del tuo gruppo nazirock preferito la vista del tuo camerata a torso nudo ti eccita, ti racconti che non importa, perché tanto tu e lui siete camerati, e poi non puoi essere frocio, perché non ti senti “sensibile”, non vesti alla moda, non ascolti Madonna».



Il suo creatore (iscritto a un forum neofascista legato a casapound come riporta anche indymedia: http://emiliaromagna.indymedia.org/node/3070) sostiene in risposta di essere vittima di pregiudizi e accusa gli antifascisti di essere i primi ad essere intolleranti.



"Stigmatizzare pubblicamente questa mia scelta, costringendomi a subire pesanti attacchi personali solo perchè ho rotto il tabù del dialogo col nemico atavico non è molto differente dal bruciare in piazza i libri messi all’indice."
http://www.queerblog.it/post/3624/bologna-pride-il-creatore-di-italo-si-difende
(la lettera del signor Lorenzo Q Griffi )

Direi che ci sono abbastanza elementi per capire come stiano realmente le cose. Il vero problema è la politica d'inclusione totale che l'arcigay vuole sempre promuovere (mi domando se non ci siano sotto motivi ben più venali della causa).... non bisogna schierarsi politicamente tutti devono potersi ritrovare in arcigay etc. la questione è che quando accetti tutto e il contrario di tutto giocando a fare l'equilibrista ti trasformi in un semplice contenitore vuoto e privo di un'anima (nell'accezione più laica del termine). Rispondendo al signor Q mi permetto di osservare che le frasi di adesione da lui pronunciate sul forum vivamafarka mi sembrano indicare ben più di una semplice "curiosità"; ma anche prescindendo da ciò dirò, per quanto riguarda me che è vero, anch'io sono intollerante, ma solo verso coloro che dimostrano di esserlo sistematicamente e che anche con l'ausilio della violenza non fanno altro che riperpetrare gli schemi mentali secondo cui il "diverso" (qualunque esso sia) deve essere considerato inferiore. Per questo secondo me il movimento per essere realmente coerente dovrebbe lottare non solo contro le discriminazioni che lo riguardano da vicino, ma contro qualunque discriminazione, perché non c'è nulla di più odioso di una "vittima" che si fa a sua volta "carnefice" adagiandosi e facendo propria, tra l'altro, quella stessa "cultura"(se così può essere chiamata) che lo condanna.

In conclusione posto l'opinione che condivido appieno dell'assemblea antifascista di Bologna

"Mettiamo che Italo esista. Mettiamo che Italo venga al Gay Pride. E mettiamo che la settimana dopo Italo e i suoi camerati vadano a “picchiare” non più i “froci”, ma altri: compagni, immigrati, chiunque.Sarebbe accettabile? Noi pensiamo di no."

( http://assembleantifascistabologna.noblogs.org/ )

Qui sotto trovate il video live dei 99posse "rigurgito antifascista"



giovedì 10 luglio 2008

L'horror vacui del dottore


Ebbene sì, ormai rientro nel novero di coloro che dopo aver sudato sangue sui libri ora guardano al loro futuro con timore ed una buona dose d'apprensione. Festeggiamenti rimandati... in questi dì sono alla spasmodica ricerca di un percorso da seguire, mi pare di essere in balia di una corrente ignota mentre scavo nella rete e tra le disposizioni burocratiche alla scoperta dei bandi di concorso per il dottorato. Eccomi chino sulla mia sfera di cristallo telematica (il mio pc) pronto a cercare di cogliere i contorni di un domani possibile che emerge dalla lattiginosa incertezza del presente, ma neppure la pizia mi potrebbe essere d'aiuto (anche se forse le foglie lanceolate mosse dal vento e incise dalle sue sibilline sentenze potrebbero adattarsi al mio umore).
Punti fissi non ci sono, se non quelli che ti si pongono come limiti invalicabili che non potrai mai superare neppure con sforzi pantagruelici e l'impressione che mi pervade è di essere uno di quegli eroi tragici che si apprestano a lottare contro l'incommensurabile. Beh , se non altro, in caso di sconfitta, potrei comunque assaporare il gusto di essermi ritagliato addosso una maschera alfieriana se non addirittura sofoclea. Poco importa che io non abbia a che fare con fatidiche predizioni; i miei mostri non sono meno spaventosi di quelli della mitologia... Ecco che gli scriteriati tagli all'università voluti dall'attuale governo (date un occhio all'articolo di Repubblica: http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/scuola_e_universita/servizi/scuola-2008-uno/universita-agitata/universita-agitata.html ) vanno a braccetto con l'altro terribile mostro che dovrò sconfiggere: la raccomandazione. Pochissimi posti, molti dei quali "prenotati" per chi conta.... non ho paura delle sfide e sono abbastanza convinto della mia preparazione (e, a dire il vero, non solo io), ma quando ti si chiede di giocare una partita "truccata" non puoi fare a meno di sentirti un po' dubbioso e sconsolato... insomma, non c'è che dire, farei volentieri il cambio con l'idra di Ercole...
Così non rimane altro che seguire le indicazioni dello stregatto e imparare l'arte schizofrenica di camminare su mille strade nel contempo nella speranza che, se gli ami che getti sono tanti, prima o poi qualcosa di commestibile abbocchi.
In conclusione posto il video di Max Cosmico "mille euro blues", anche se in realtà la mia situazione rischia di essere anche più precaria...

venerdì 27 giugno 2008

L'odierno 1938





5 settembre 1938, giorno in cui venne promulgata la prima delle "leggi razziali" in Italia(per chi fosse interessato lascerò qualche notizia in più su questo decreto nei commenti).
Sì è questa la data cui faccio riferimento e che purtroppo ancora oggi, anzi soprattutto oggi, mi pare decisamente troppo vicina.

M'immagino le facili critiche che potrebbe sollevare l'incipit del mio post: il fascismo è passato; la situazione attuale è completamente diversa; la mia è solo una posizione demagogica tipica della sinistra...
Per la verità non risponderò a queste obiezioni perché le ritengo sciocche almeno quanto chi le muove, mi limiterò a prendere in esame alcuni eventi recenti e a proporre delle connessioni col passato perché se è pur vero che è necessario inserire ogni evento nel suo contesto storico evitando perciò di forzarlo fuori dai suoi limiti cronologici, è però anche vero che pensare che il passato ci sia completamente estraneo significa ridurre la storia a semplice favola, ignorandone le imprescindibili lezioni; così come significa non capire che certe dinamiche possono riprodursi in modo simile anche in tempi diversi se persistono le cause scatenanti.

I fatti in realtà sono già noti, ma non posso esimermi dal parlarne perché il mio silenzio si tradurrebbe in un ributtante assenso e tacere mi farebbe sentire complice.
Non mi riferisco qui ai singoli episodi di violenza nei confronti dei rom, già di per sé deprecabili, ma all'ancora più grave giustificazione che questi sembrano ricevere in virtù delle nuove proposte di legge.
Possibile che non ci si accorga di quanto è discriminatorio e incostituzionale considerare la clandestinità un'aggravante? Se tutti sono uguali davanti alla legge, com'è possibile che per lo stesso reato vi siano due pesi e due misure, una più lieve nel caso in cui questo venga commesso da un cittadino italiano ed una più pesante se a perpetrarlo è un clandestino? Non è già questa una forma di discriminazione e delle più gravi? Ma non basta, dopo il reato di clandestinità e le ronde leghiste adesso salta fuori la proposta di Maroni di prendere le impronte digitali a tutti i Rom! abberrante e terrificante, non può non riportare alla mente ciò che accadeva in Italia in altri periodi infausti... A dir la verità non riesco neppure a commentare nonostante il mio intento iniziale fosse quello, d'altra parte questi fatti sono già abbastanza eloquenti di per sé per chi ha un minimo di cervello... così, almeno per stavolta, mi limito a prendere atto della situazione e a manifestare il mio dissenso e il mio disgusto.
In cima al post trovate il video di una canzone di Caparezza "vengo dalla luna", qui di seguito trovate una scena tratta da "gypo", un fantastico film a tematica lgbt che tratta anche dell'intolleranza nei confronti dei rom.


domenica 15 giugno 2008

I Trucchi Della Scrittura


Ciao a tutt*, finalmente oggi dovrei stampare la versione definitiva della tesi, così avrò un po' più di tempo da dedicare al Blog!

Mi sento quasi un metaforico Lazzaro pronto a tornare alla vita.... eheheh... Ad ogni modo, la neonata associazione MINUENDO propone come sua prima iniziativa a Piacenza un Workshop di scrittura creativa a tematica LGBT.
Lo scopo di Minuendo è quello di rivolgersi alle molteplici culture della diversità per instaurare un dialogo fecondo tra le diverse prospettive che porti a scoprire la ricchezza delle differenze. Ci proponiamo così di tracciare un percorso che tratti delle diversità etniche, di disabilità e delle mille sfaccettature incluse nel continuum dei generi.La nostra prima iniziativa vuole essere un modo per coniugare le elaborazioni teoriche dei partecipanti e i loro vissuti mediante le tecniche della scrittura creativa.Per chi fosse interessato il laboratorio si terrà a Piacenza presso la nostra sede il 20-21-22 giugno, mentre per quanto riguarda il pernottamento assicuriamo modici prezzi. Per qualunque informazione su come raggiungere la nostra sede potete utilizzare i contatti scritti in fondo al volantino, oppure chiedere direttamente a me.

Un saluto a todos.

sabato 3 maggio 2008

CALEIDOSCOPIO 10- Conclusione?

Gabriele sorrise a mo’ di saluto, chiuse la porta dietro di sé e passo dopo passo continuò a camminare. D*** A*** rilesse le ultime frasi che aveva scritto, quindi posò la penna e guardò verso la porta da cui suo nipote Gabriele era appena uscito.
“Continua a sorridere figliolo” mormorò.
Fine.

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Alla fine siamo a casa.
Passata; giornata deleteria, a partire dal funerale, poca gente, alcuni familiari e qualche collega imbarazzato, si può ben dire che fossero venuti più per loro stessi che per altro; l'autoimposizione di una morale formale.... nulla di male, in fondo, era come la messa in atto di una strategia aziendale: funzionale al raggiungimento del proprio obiettivo; poco importa che si trattasse di una qualche operazione finanziaria o piuttosto (come in questo caso) della possibilità di dormire sonni beati stanotte..... adempiere convenzionalmente ad un compito sociale li faceva certo sentire più buoni, anche ora si erano resi utili all'azienda/società.
Li osservavo mentre erano in fila per porgere le condoglianze al mio Gabri, mi parevano degli impiegati che andassero a timbrare il cartellino, ma non potevo certo dir nulla io.... in verità non ero molto diverso da loro; anch'io ero lì ad assolvere una funzione.
Gabriele era ancora molto scosso, d'altro canto aveva trovato lui il corpo di suo padre Michele.... un infarto pare. Il giorno successivo l'aveva passato a scrivere non so che storia per la morte di suo padre, a me era sembrata un'ottima idea, anche se il racconto mi appariva un'indigesta e pesante accozzaglia di pensieri senza capo né coda, ma questo non glie lo avrei confessato neppure sotto tortura.
Ogni tanto gli sfioravo la mano, lui si girava e si sforzava di sorridermi, gli occhi erano lucidi, i suoi capelli morbidi, mentre lo abbracciavo durante le esequie il suo profumo stuzzicava la mia fantasia; ho avuto un'erezione.... eros e thanatos.... no, non ero affatto diverso da quelle altre persone.....


Esco dal bagno, lui è disteso in mutande, batte una mano sul materasso; pochi istanti e ci ritroviamo nudi sul letto, assaporo un suo bacio, chiudo gli occhi; mi viene in mente il nostro primo bacio, quella sera in una cascina...



C'era il concerto di un mio amico, qualcuno ci aveva presentati, una parte di me fremeva... il suo sorriso mi aveva sciolto il mondo attorno ed io sguazzavo tra percezioni sconnesse "Piacere, sono Luca" ero solo riuscito a dire con la lingua che sembrava incespicare su ogni sillaba.
Io, atterrito, sconvolto, avrei voluto rubare quel sorriso e tenermelo in tasca per poterlo rimirare furtivamente dovunque andassi.
Durante il concerto non lo vedevo più, smarrito tra la folla di gente danzante. Un paio di birre più tardi avevo perso la speranza d'incontrarlo ancora; un po' sconsolato mi stavo dirigendo verso i campi per pisciare.
Le luci della cascina alle mie spalle, la musica ormai flebile.
Scorgo distesa sull'erba un'ombra, a tratti dissipata da una tinta color brace....cadenzata, sembra quasi avere un suo ritmo.
L'ombra si volta lentamente e mi sorride
"Vuoi un tiro?" gli occhi si sono assuefatti all'oscurità, lo riconosco, è lui; mentre si voltava avevo visto il suo sorriso sbocciare timido alla luce lunare, ricordo di aver pensato a quei fiori che sbocciano la sera. Mi siedo accanto a lui, parliamo per un po', i nostri volti sono vicini, riesco a sentire la carezza del suo fiato sul mio collo quando si gira verso di me. Le labbra si avvicinano lentamente. Il bacio. D'improvviso sento di nuovo tutto, l'erba umida sotto di me, il frusciare dei vestiti, il vago sentore di birra nel suo bacio. Era un bacio sporco. Lo assaporavo con più gusto per questo. Ci stacchiamo lentamente. mi avvicino al suo orecchio e sussurro:"Ti ho rubato un respiro, ma puoi riprendertelo quando vuoi", ride,mi guarda con aria indecifrabile " Guarda che lo rivoglio indietro con gli interessi...."
Prendo una delle sue mani tra le mie e me la porto alle labbra. La luce della luna illumina piccole sbavature d'inchiostro. Lui nota il mio sguardo.... "è sperma" dice ridendo, rimango alquanto perplesso.... "l'inchiostro è lo sperma degli scrittori".... forse, stavolta è quello giusto.... è il mio ultimo pensiero, poi lascio che le mani proseguano la loro caccia al tesoro...





... borbottio cigolante del letto, poi un fuoco dentro, la sua schiena un arco in tensione, mi sollevo su di lui, il corpo è sudato, i miei muscoli si contraggono prima di rilassarsi come un onda dopo il passaggio; mi stendo morbidamente, le nostre dita sono intrecciate.
Gabriele si mette a cavalcioni su di me, le lenzuola si contorcono a terra in malo modo; i vestiti sparsi per la stanza sembrano tracciare i passi scomposti di una coreografia congelata al suo culmine... un respiro più profondo, mi viene sul petto.
Sì è stata proprio una scopata dodecafonica.
Si china a baciarmi, io mi passo una mano sul petto, osservo le dita sgocciolanti "Quanti personaggi hai abortito spargendo tutto quest'inchiostro?" ride "Abbastanza per farci due o tre romanzi direi" ci abbracciamo.... il velo leggero della sua barba mi solletica la fronte, i suoi romanzi m'invischiano il corpo.... è proprio quello giusto penso prima di addormentarmi....

giovedì 24 aprile 2008

Musicologia gay

Mi è capitato di recente di leggiucchiare sul sito dell'A.T.OMO. (associazione tematiche omosessuali) un post sul rapporto tra musica ed omosessualità.




Un post che giustamente si lamentava della banalità con cui viene trattata l'identità omosessuale nel panorama culturale italiano (vedi la Tatangelo). Ammetto però di aver trovato banale anche il video di Levi Kreis("we are ok") portato invece come esempio positivo... Uhmmm è vero che "de gustibus disputandum non est" ma sinceramente mi è parso un po' un backstreet boys mancato.... eheheheh direi che di boy-band ne abbiamo pure troppe senza bisogno di altre canzoncine smielate! Ho pensato allora di rispondere postando qualche video alternativo. Nei commenti posterò anche i testi delle canzoni.


Vista la mia natura criptolesbica comincio da un brano ("Adrenalina") che nasce dalla collaborazione delle MaB con la fantastica Giuni Russo... trovo che la parte musicale sia molto interessante con il passaggio dai suoni duri tipici dell'hard rock delle Mab ai virtuosismi vocali di Giuni.... il testo poi è veramente carino e squarcia il velo della standardizzazione dell'eros che la società ci propone. allora vi lascio alla scossa "adrenalinica" di queste portentose donzelle così potrete cantare anche voi con loro "il mio sistema è stanco di un erotismo bianco!"




Il secondo video è invece dei Franz Ferdinand la canzone è "Michael" e descrive un incontro omosessuale in discoteca, dedicata quindi a questo "beautiful boy on a beautiful dancefloor". Il video in realtà non è granchè, ma il testo è fantastico, se sapete un po' d'inglese andate a leggerlo nei commenti.




L'ultimo video che propongo per oggi è quello di una famosissima canzone degli Electric Six "Gay bar" dove si vede la versione gay di Abramo Lincoln che invita l'ascoltatore a seguirlo al Gay bar perché, dice "I've got something to put in you..." ahahah è spassosissimo, godetevelo.







domenica 20 aprile 2008

CALEIDOSCOPIO 09- Silenzio




Uno svolazzo della mano per accantonare i pensieri dopo aver riattaccato la cornetta.
Il pendolo gli sussurra che ha ancora del tempo a disposizione.
Strana coincidenza averlo dovuto sentire proprio oggi. Quando ho deciso il giorno non mi ricordavo che sarei dovuto andare a trovarlo.... o forse ho scelto proprio questo giorno per avere una scusa per non andarlo a trovare... sarebbe divertente, quasi paradossale...
...Adesso basta scherzi, bisogna pensare alle cose serie; la sua voce, la voce di D*** A***, la voce di mio padre, non doveva essere l’ultima...
Devo rimediare.
In camera dovrebbero esserci ancora delle cassette - sorriso malinconico - quelle su cui registravo la mie parole dare corpo alle poesie che componevo.
Un tocco veloce alla porta d’ingresso nel passaggio. Aperta. Perfetto. Registratore appoggiato pesantemente sulla scrivania e tra le mani una delle molte cassette che aveva in camera, uno sguardo alla data... 7 anni fa circa, dovrebbe andar bene. In fin dei conti una vale l’altra.
- Michele sposta la sedia vicino alla scrivania e vi si siede dando le spalle all’entrata -
- Con la mano si tasta la giacca -... la busta è al suo posto.
Ripassò mentalmente la lista delle cose che avrebbe dovuto fare... annuì pensando che la lettera l’aveva già spedita un paio d’ore prima.
Bene, ora che le cose pratiche erano a posto poteva cominciare.
Avvicinò i fogli a sé, voleva che Gabriele vedesse... accese il registratore - Tump - ...questi risvegliato dal suo letargo sbuffò, gracchiò, scatarrò fuori una voce.
Sentì la sua voce, una voce pesante del peso della polvere di sette anni, cominciava con la data, poi avrebbe lasciato qualche istante vuoto, quindi avrebbe annunciato il titolo... infatti ecco: “Silenzio”la voce della sua mente presente fece eco a quella del suo io passato... no, non la ricordava questa.
Attese qualche attimo aspettando che cominciasse, poi quando gli attimi divennero troppi corrugò la fronte e dopo averlo riavvolto fece ripartire il nastro che invariabilmente ripetè la stessa sequenza di suoni, così come era stato programmato.
... Ma certo, il silenzio, ora ricordava, in quel periodo il silenzio lo affascinava assai più delle parole; un’altra strana coincidenza, troppe forse; ripensò alla sua lettera quindi si mise più comodo sulla sedia e continuò ad ascoltare il silenzio mentre l’Ombra di Gabriele che aveva continuato a fissarlo da quando si era seduto cominciò a parlare:


Ombra: Strano come le parole rimbalzino tra noi stessi, quelle stesse parole che sono uscite da noi sembrano non voler ritornare a noi; quei suoni a cui noi stessi siamo sordi, ma per cui pretendiamo di essere ascoltati dagli altri... di essere accettati dagli altri.
Possibile che l’unica vera comunicazione con se stessi sia costituita da ciò che appare essere la negazione della comunicazione stessa?
Possibile che ciò che viene comunemente rappresentato come un’inconsistente, insuperabile barriera tra chi parla e chi ascolta sia in realtà l’unico filo che collega le anime... le anime dei nostri stessi io e di questi con gli altri, o meglio con le immagini delle anime degli altri che SONO nei nostri stessi io?
Possibile infine che laddove le verità pronunciate falliscano trionfi invece la Verità, quella Verità che non necessita di essere espressa e che anzi se esplicitata tradisce se stessa e diviene altro da se e perciò non-verità? Quella Verità che richiede solo il silenzio per essere colta? ( Ossia riscoperta nel nostro stesso animo, nell’immagine dell’animo che abbiamo nella nostra stessa anima e non nell’idea del nostro animo che pensiamo o che vogliamo che le altre anime; le anime degli altri, abbiano.)
Il Silenzio... se tutto il resto è vano, perché non ascoltare solo ... ... .... .... ...
Idea: Forse perché non tutto il resto è vano: è ciò che costituisce la realtà e quindi il nostro essere.
Ombra: Non credo, il resto non costituisce forse solo il nostro modo di essere in quanto tale?
Idea: Può forse L’ESSERE essere dato senza il modo in cui È?
Ombra: Non nella realtà, non in questa realtà che è costituita dal resto, dal non-silenzio, dal vano.
Idea: Tu ribalti i concetti, per te il concreto diventa vano e l’astrazione del Silenzio fondamento dell’ESSERE stesso; ammettendo solo il Silenzio tu ammetti nell’uomo solo ciò che è comune a tutti gli altri uomini e che proprio perché universalmente umano non necessita di parole per esprimerlo.
Ombra: Così è e deve essere perché solo ciò che è universale per tutti può stare a fondamento di ciò che è predicabile di tutti gli uomini: l’esistenza.
Quella è la parte essenziale dell’uomo, l’unica parte di cui si debba tener conto.
Idea: Poniamo pure che sia come tu dici, sei pronto a perdere te stesso? Perché ciò che ti rende tale non è l’esistenza che è comune a tutti, ciò che ti caratterizza e ti determina è ciò che tu chiami vano.
Ombra: Sono pronto a perdere me stesso se questo significa cogliere l’esistenza e l’essenza, se non mia propria, di tutte le cose.
Idea: Dunque sei pronto a negare anche i pensieri che ti hanno condotto a questo concetto e in ultima analisi sei pronto a rinunciare a questo tuo stesso concetto di esistenza?
Ombra: .... .... .... .... .... ....
Idea: Questo concetto che tu hai è esso stesso parte di ciò che definisci vano; non è affatto universale, tant’è che hai avuto bisogno di esprimerlo a parole, e si può ben dire che nell’esprimerlo tu in realtà lo contraddicessi... è perché tu sei costituito in questo modo e in nessun’altro che hai potuto cogliere quest’idea, e ora, poiché quest’idea ti dice che l’importante è solo l’essenziale e poiché essa stessa si rende manifesta come peculiare e quindi inessenziale, per tutti questi motivi sei pronto a cancellare anch’essa insieme a tutto il “vano”?
Ombra: ..... ...... ....... ....... ....
Idea: Ma se non vuoi/puoi, portarla alle sue estreme conseguenze, coerentemente con se stessa, cancellandola, non puoi che posarla delicatamente come una cosa fragile e preziosa alle tue spalle assieme alle altre cose che hai vissuto e superato, e fare qualche passo avanti con la consapevolezza che questi passi avanti, questo tuo divenire qualcosa d’altro da ciò che eri prima pur rimanendo sempre te stesso, è dovuto anche a ciò che sei stato.
La conseguenza è dovuta ad un fondamento, e, per quanto la prima non sia il secondo, essi non possono neppure essere totalmente diversi tra loro.

Ombra: Mi stai dicendo di abbandonare il Silenzio dimenticandolo?
Idea: Ti sto dicendo che il Silenzio è importante quanto ciò che silenzio non è.
Ombra: Dunque è deciso: non pronuncerò Silenzi tacendo parole, ma farò si che nelle mie parole ci siano echi di Silenzi inespressi e che i miei Silenzi parlino con le parole dell’anima.
Parole sporcate di cose non dette e Silenzi riempiti da accenni significativi.



Gabriele sorrise, e sorridendo avanzò di qualche passo.

mercoledì 16 aprile 2008

Mal di pancia elettorali


Il dado è tratto, le elezioni sono finite e noi italiani ci ritroviamo col governo che ci meritiamo. Nulla da dire, in fondo sono le regole del gioco democratico, e l'Italia è evidentemente spostata a destra. Basta riflettere un istante sui paradossi della storia per capire che anche Camillo Benso conte di Cavour, il padre della destra storica, su certi temi (uno su tutti, la laicità dello stato), era molto più a sinistra del veltroniano partito democratico. Bisogna allora armarsi di pragmatismo e guardare in faccia la realtà, cioè che le elezioni in Italia non si vincono con la testa, ma con la pancia, col portafoglio e con l'immagine. Si può dire che già si sapeva, in fin dei conti, quanto "l'epa croia", per dirla dantescamente, dell'elettore medio si faccia influenzare facilmente dalle lusinghe e dalle favoleggiate promesse di una maggiore ricchezza, così come dagli spauracchi del "diverso"evocati giocando sull'irrazionale e sull'istinto di autoconservazione che s'innesca quando ci si trova di fronte a dei pericoli, siano essi reali o immaginari. Non è affatto una novità se è vero quello che diceva Guicciardini secoli orsono, che gli italiani si dimenticano prima della morte del padre che della perdita del portafoglio.

Ma anche questo mio snobismo di sinistra certo non aiuta a risolvere la situazione; è inutile rinchiudersi nella propria turris eburnea dispensando con spocchia occhiate sprezzanti al mondo che ci circonda come se noi non vivessimo in quello stesso mondo. Allo stesso modo spiegare, come fa Diliberto, il fallimento della sinistra, e mi riferisco nello specifico al clamoroso sfacelo della sinistra arcobaleno, riducendo tutto alla mancanza nel simbolo della falce e del martello, significa mostrare solo di non essere in grado di fare una basilare analisi politica. Che poi adesso il progetto del pdci, sempre secondo Diliberto, debba essere quello di riallacciarsi e di ritornare a quel percoso politico che (parole testuali) si è interrotto nel 1984 con la morte di Berlinguer, mi sembra una follia e diventa la chiara indicazione di una miopia che non consente alla classe dirigente politica di capire alcunchè della società italiana attuale. Le cause della sconfitta, secondo me, sono ben altre. Primo fra tutti, sicuramente, l'appoggio dato al governo uscente senza che a questo impegno corrispondesse la messa in atto di nessuna delle riforme di cui la sinistra doveva essere portavoce. Secondo, anche se strutturalmente più importante, l'impressione che il nuovo soggetto unitario fosse disorganico e impreparato. Certo la sua nascita è stata una risposta obbligata alla strada intrapresa da Veltroni, ma è sempre rimasta l'impressione che si stesse rincorrendo una meta non proprio sentita. Così, anche il programma, mi pare che rispecchiasse il ruolo da "coscienza civica" dei partiti centristi che la sinistra si è ritagliata nell'ultimo decennio (per riferirmi solo a ciò che ho vissuto in prima persona). Pieno di spunti interessanti e (dal mio punto di vista) pienamente condivisibile sul piano etico e su quello dei valori, il programma della sinistra arcobaleno mancava però della necessaria organicità e di pragmatismo economico. Vale a dire che era ottimo sul piano ideale, ma che non proponeva un progetto veramente solido e realizzabile che assicurasse governabilità. Non è questa la critica di un astensionista o di un elettore di chissà quale forza politica liberale... ho votato sinistra arcobaleno e non mi pento di averlo fatto come fanno invece coloro che sono sempre pronti ad abbandonare la barca del perdente alle prime avvisaglie di tempesta. Questo però non significa che non possa criticarne le scelte; con fini costruttivi, è ovvio. In fin dei conti ancora troppo spesso si trovano esponenti della sinistra pronti a citare Marx come fosse il vangelo (più a livello locale che nazionale, è vero), ma io sono ateo in tutti i sensi e non sostituisco un'icona con un'altra divinizzando il pensiero di un uomo che, per quanto acuto, faceva un'analisi che partiva dalla situazione del suo tempo (voglio solo ricordare che il Capitale è stato pubblicato nel 1867!!!!!). Così non ha senso che mi si accusi di essere riformista, di non essere comunista o di chissà che altro; è chiaro che dipende tutto dai termini, se per comunista s'intende colui che segue pedissequamente la "dottrina" economica di Marx e che pensa che nel Capitale ci sia la magica ricetta per la situazione economica di qualunque periodo storico, beh, allora effettivamente non sono comunista dal momento che ritengo che il pensiero di Marx possa sì dare spunti interessanti, ma non risposte concrete alle esigenze del presente.

Qual'è allora la soluzione? beh, qui casca l'asino ed io con esso. Ammetto di non avere ancora le idee abbastanza chiare per poter rispondere a questo, mi sono limitato qui a cercare di capire il senso di quanto è avvenuto, la riflessione critica è solo il primo passo, ma è un punto di partenza imprescindibile per ricostruire qualcosa che veramente abbia un senso. Certo, nell'immediato la cosa migliore da fare penso che sia tentare un maggiore radicamento nel territorio, intervenire localmente in modo deciso ed essere ricettivi nei confronti delle esigenze di un mondo che, per quanto un po' ammuffito e ripetitivo ( come dimostra il Berlusconi III ), non è proprio congelato su posizioni imperiture, perché, come diceva Galileo..... "eppur si muove". (speriamo in meglio)

sabato 12 aprile 2008

CALEIDOSCOPIO 08- La morale di un Blasfemo

Sono passati due giorni dal ...."fatto", non riesco più a dormire, appena chiudo gli occhi vengo sommerso dal suono soffocato dello sparo, sui giornali ancora non c'è traccia dell'.... di nulla.... La mia eva ha deciso che è meglio cambiare aria per un po' abbiamo fatto i bagagli in tutta fretta ed ora siamo sull'autobus diretto alla stazione..... non mi ricordo qual'è la nostra meta, lei me l'ha detto, ma non l'ascoltavo....sentivo solo un rumore lontano di spari. Prima di uscire la mia gattina con l'aria preoccupata mi ha preso il volto tra le mani e mi ha detto di stare calmo, che ancora non era successo niente..... Forse è vero, ma il mio nulla è riempito da quella frase.... l'ultima scritta da quell'uomo.
“Gabriele sorride ancora, ma il sorriso si è incrinato.”
Ancora Gabriele. Il cerchio si chiude ed i miei pensieri tornano alla loro origine.
La coppia davanti a me è scesa dall'autobus; noto una suora. In genere avrei allontanato lo sguardo, ma non adesso. Non posso far altro che osservare i suoi lineamenti distesi, sciolti dalla colpa, liberi quasi dall’oppressione delle proprie azioni... la invidio per questo. Mi domando se non c’è davvero nessun Dio a cui rendere conto delle proprie azioni.
Assurdo.
Impensabile.
Mi sento annullato; ho la tentazione di portare le ginocchia al petto e nascondervi la faccia... già: posizione fetale, ma non posso più tornare alle origini.
La mia innocenza è perduta, e se anche la ritrovassi, il suo candore sarebbe irrimediabilmente scomparso.
...O forse no?
Eppure è inconcepibile che possa essere... se quando l’ho uccisa, quella persona mi era assolutamente indifferente, ora... ora che se potessi darei la mia vita per potergli rendere la sua... ora la odio, per essersi fatta uccidere, per avermi chiesto di farlo, perché adesso sono schiacciato da me stesso ... che candore può trovarsi in quest’odio?
L’attenzione ritorna alla suora; i lineamenti sono sempre morbidi, il sorriso quasi serafico, ma... c’è qualcosa di diverso che prima non avevo notato.
C’è una sorta d’imperfezione, d’incrinatura nella sua quasi sfrontata aura di santità... non saprei descriverla...
E se fossi io a proiettare su di lei quell’imperfezione che è solo mia? Forse per invidia, o perché sento che altrimenti non riuscirei neppure a sostenere il suo sguardo?
No, leggo la stessa sfumatura in quel signore che armeggia goffamente col giornale attento a non perdere l'equilibrio, nella mia “Eva”, ed anche in quell’altro Gabriele, quello che è sceso dall’autobus; la riconosco come peculiare del loro essere.
Possibile che si tratti dell’ombra della debolezza umana che si proietta sugli angoli dei nostri volti, dei nostri gesti... delle nostre parole?
E quella suora, quella santa “Mirra” (come sacrilegamente le ho sempre considerate ), lei, figlia e sposa di Dio, ha peccato, ciononostante la sua autoattribuita “santità” è ancora palpabile.
Mi tornano alla mente le parole di mia madre... non può essere, continuo a sbattere la faccia contro la fragile consistenza dei ricordi... rotti ricordi scheggiati... e da taglienti schegge sono trafitto.
Guardo di nuovo la soror dalla faccia paffuta e rubiconda.... solo ora mi accorgo che mi sembra fasulla.... di plastica.... la sua sottile pellicola si è lacerata e la sua pacatezza ora mi appare mostruosa perchè mi rendo conto che è solo l'aprioristica autoconvinzione di essere nel giusto... il senso delle sue azioni è affogato nel clangore della marcia trionfale di una presunta unica incrollabile verità. L'oblio dei propri atti la rende serena; pensare solo con un metro che non è suo la rilassa; tutto è ricondotto ad un facile schema che permette di non ascoltare se stessi e dietro alla maschera da suora il suo volto dormiente è muto.
No, non è nascondendo me stesso che avrò una risposta.... piuttosto farsi carico delle proprie responsabilità mi renderà più sincero col mio io.
Che sciocchezza rovinarsi la vita con le proprie mani! Devo solo stare tranquillo tanto la polizia non mi troverà mai. Questa frase pronunciata nella mente di un assassino dovrebbe essere accompagnata da una sensazione di sollievo, invece...
... a me sembra solo d'indossare la stesso manto d'ipocrisia che non ho mai accettato.
Dunque in realtà è chiaro quello che dovrei fare... non voglio soffocarmi per poter dimenticare ciò che ho fatto, devo affrontarlo.
...Allora forse mi dovrei costituire....
All’improvviso il frastuono della città si zittisce; il mondo che mi rumoreggia attorno scompare come una bolla di sapone che scoppia.
C’è solo la moralisticamente laica voce della mia coscienza.
Tutt’attorno: ........ ....... ...... ...... Silenzio.





giovedì 3 aprile 2008

CALEIDOSCOPIO 07- Hic et Nunc





La porta è aperta come d’accordo.
Speravo sinceramente che non lo fosse... non sarebbe più dipeso dalla mia volontà, non avrei più dovuto scegliere; le condizioni non erano quelle convenute, magari l’uomo aveva cambiato idea; io sarei tornato in macchina fingendomi irritato... lei la sarebbe stata davvero, però non con me, in un paio di giorni poi le sarebbe passato.- Sospiro-... ma la porta è incontestabilmente aperta e con la sua evidenza sembra accusarmi di non avere coraggio; alla fine lei mi aveva convinto no?... Forse mi ha convinto solo la sua possibile reazione ad un mio rifiuto, i soldi in realtà non m’interessano più di tanto.
Qualche passo si perde in un polveroso silenzio. La porta emette un flebile cigolio . Fermo di colpo. L’uomo è seduto e mi dà la schiena, proprio come aveva detto quell’altro, ignaro della mia presenza, ignaro delle mie intenzioni - Goccia di sudore freddo - E se l’avesse sentito... il cigolio intendo.... certo l’altro uomo mi ha assicurato che non ci sarebbero stati problemi, ma come può esserne certo lui?...E se poi all’improvviso si girasse, magari per una sciocchezza, magari per prendere una cassetta musicale dal momento che c’è un mangianastri sul tavolo, o che so per andare in bagno, o per prendere un bicchiere d’acqua... allora, allora mi vedrebbe e se urlasse e se corresse a chiamare - Pronto polizia, aiuto! C’è uno sconosciuto armato in casa mia! -...?
Sento il cuore battermi in gola; già il cuore, quello di quell’uomo avrebbe smesso tra poco... tamburi nell’abisso... suoni di tamburi muti poiché privi di qualcuno che li suoni.
Basta, ormai ho deciso; beh, lei ha deciso per me, ma, ad ogni modo mettere in dubbio quella decisione adesso comporterebbe prenderne una più difficile nell’immediato futuro...Leopardi... chi non sa decidere non torna mai sulle sue decisioni per non doverle prendere ancora...può darsi che avesse ragione, comunque ormai ho cominciato e porterò pure tutto a compimento.



Michele ascoltava il silenzio e ascoltando il silenzio si percepiscono molte cose: il sommesso cigolio di una porta, dei passi felpati che attraversano l’ingresso, sentiva quasi il suo respiro...il respiro di quel ragazzo. Era quasi tutto pronto; fisso’ Gabriele che sorrideva dai suoi fogli.
Sentì una frase “Michele... è Gabriele che ti uccide!”
Allora, solo allora Michele sorrise di gusto. Sentì un suono soffocato... la pistola col silenziatore... ancora poco.
I pensieri appressandosi alla morte si fanno più veloci, vorticano, ronzano, si frantumano in una fitta pioggia di idee, sensazioni non ancora connesse.
E se nell’agonia di un istante strappato al flusso del tempo,... se nell’ultimo lunghissimo attimo che - furtivo - ho accartocciato in tasca... e se in quei mille, cento e più momenti che potevano essere ma non furono ( o saranno, se si preferisce ) regnasse/perisse l’hic et nunc incontrovertibilmente?
Si, perché in queste frazioni di secondo che sto vivendo prima della mia morte,... in questa monade di tempo divelta dal tempo ( dal resto del tempo ) si sostanzializza il qui ed ora solo per potersi poi dilatare all’infinito; un qui ed ora che si espande riempiendo l’infinita durata di questo istante che non è più un’infima porzione di tempo; slegato dal divenire esso è tutto il Tempo, è l’eternità cristallizzata in un’immobilità che non si può dire che perduri perché ciò implicherebbe il divenire del tempo relativo, ma che E' in questo mio Tempo Assoluto neppure percepito dagli altri.
Forse è adesso che, spezzati, gli “etterni giri” piovono a schegge giù dal cielo, perché è in questo Tempo che è un hic et nunc eterno tra la vita e la morte che si attualizza l'unica possibile immortalità dell’anima.
È divertente pensare alla propria morte mentre si prende coscienza dell’eternità dell’attimo che si sta vivendo... ma questi sono ancora una volta solo pensieri... dunque anch’io caddi come corpo morto cade.



- L’uomo si è accasciato sulla scrivania di fronte alla quale era seduto -.
È morto... è morto, non c’è più polso: è morto. Nessuna parola più di questa esprime la presenza del vuoto. Sento solo il freddo; vedo il mio corpo compiere azioni quasi automaticamente; guardo tutto senza vedere. Alzo il corpo a sedere (il suo stavolta) e gli sfilo la busta dalla giacca, quella in cui ci sono il resto dei soldi..era stato quel tizio a dirmi che l’avrei trovata lì, e, anche se a me era parsa una cosa assai poco sensata, la busta c’è davvero. Mi faccio coraggio e gli osservo il volto.
Sorride, sorride... ma non capisco... è quello, è quell’uomo che mi aveva commissionato... mi fermo senza la forza di pronunciare neanche nella mente il nome di quell’azione che pure ho avuto il coraggio ( o meglio, la vigliaccheria ) di compiere. Strano come a volte si temano più le parole delle cose.
E quella frase? Perché mi ha chiesto di pronunciare quella frase prima di sparare?
No, non dovevo farlo! Via, via, devo andare via! Nel girarmi lo sguardo cade sui fogli sulla scrivania; i fogli su cui si è accasciato l’uomo, vittima e mandante.
I fogli sono pieni, ma vi è scritta una sola frase ripetuta ossessivamente: “Gabriele sorride”.
Solo il foglio che il morto tiene ancora in mano appare differente, stavolta la frase non è ripetuta; vi è scritto una sola volta: “Gabriele sorride ancora, ma il sorriso si è incrinato.”

mercoledì 26 marzo 2008

Batte Morte



Batte/batte
solo la pioggia
Batte
solo la pioggia continua che
Batte/batte/batte
non senti la pioggia che
Batte/batte
Batte/botte
Batte/morte
su rotte grondaie
Bat-bat/ su rotte...
....morte.

giovedì 20 marzo 2008

CALEIDOSCOPIO 06- Ricordi ( Incontri speculari )

Sì, ne sono certo, quel ragazzo l’ha chiamato Gabriele non c’è dubbio... Gabriele, questo nome mi ossessiona da quando... ... perché quell’uomo poi ha scelto proprio quel nome per la sua morte?
No, in realtà non m’importa affatto, solo ora quel nome rimarrà scolpito nella viva carne della mia coscienza a perenne memoria di ciò che ho fatto.
Chissà se anche quel ragazzo davanti a me è stato un Gabriele come lo sono stato io, anche se solo per un istante... può darsi, anche lui aggrappato al suo compagno quasi fosse la sua ancora, come io lo sono alla mia, anche se quest’ancora mi ha fatto annegare impedendomi di nuotare...
Ecco ha staccato gli occhi dal ragazzo, si guarda attorno, sembra stupito di trovarsi sull’autobus.
Mi fissa. Pare stia tremando, forse la mia vista gli ricorda troppo se stesso. Torna frettolosamente con lo sguardo al suo ragazzo. Giro impercettibilmente il viso alla mia sinistra.
La osservo di sfuggita... la mia donna... la mia odiamata Eva; eppure ancora adesso provo piacere nel sentire il calore del suo corpo, proprio come quella mattina...




...Torpore di lenzuola... tepore di corpo avvinghiato (il suo), stretta morsa di tenera carne, più ferrea della volontà (la mia; la mia volontà).
Impossibile muoversi, faccia di lei infuriata che parla. Non la sento, vedo solo le sue labbra ondeggiarmi davanti: corposità di languide forme.- grugnito -.Devo pisciare. Aspetterò che si svegli. Non mi piace aspettare.- sorriso -. Le soffio piano nell’orecchio. Che buffa arriccia il naso...
...Risveglio e colazione: i soliti.
Pare che una mosca l’abbia infastidita stamattina, continuava a posarsi sul suo orecchio.
È ora di montare una zanzariera. Concordo con lei sorridendo.
Si avvicina sorniona. Certo che con i soldi di quel lavoretto di oggi..., miagola . Perché , perché rovinare questo momento! Sciocca gattina! Occhi intelligenti, capisce subito e rimedia. Suggerisce un’immagine: lei vestita solo di un velo di zanzariera avvolto. Il broncio si frantuma. Mi scoppia un sorriso in faccia. Ahi, temo che l’avrà vinta lei. Parla di altro. La prende alla larga la preda! La gattina s’è fatta le unghie ed è diventata leonessa. Leonessa a caccia, segue l’antilope da lontano, aspetta che sia sola, indifesa, ignara e zac l’agguanta.
Ecco, mi ritrovo già abbracciato a lei mentre sbrana la mia volontà con baci voraci. Non ha ancora vinto. Manca il colpo di grazia, colpo decisivo.
“Hai presente la tua foto che è sull’armadio?” certo che la ricordo, ma è meglio guadagnare tempo.
“Quale?” “Ma si, quella di quando avevi 5 anni, il mio tesoruccio col suo bel vestitino e il viso imbronciato...” lo credo bene: mi avevano obbligato ad andare a messa, io non volevo; ho già capito dove vuole andare a parare. - annuisco - “...Eri adorabile già da allora mio piccolo ribelle. E ti ricorderai anche la storia che mi avevi raccontato...”
Già, sul perché non volevo andare in chiesa, lo ricordo ancora. Buffa storia di una deduzione logica (almeno così mi pareva allora) di un bambino di 5 anni.
Sera. Telegiornale. Parlano del Papa. Bisognava fare tutto quello che diceva il Papa. Così avevo sentito dire dalla nonna tra uno schianto di macchinine e l’altro - 50 morti e 300 feriti - ( non che per me avessero molto senso quelle cifre e quelle parole, ma al telegiornale dicevano sempre qualcosa del genere per un incidente, o almeno così mi sembrava ).
Alzo la testa e chiedo perché. “Perché cosa tesorino di nonna?” mi domanda in risposta una faccia che allora non era poi così rugosa, ma che non riesco a non immaginarmi cadente, quasi sciolta. Una faccia di formaggio fuso; sì, anche nell’odore.
“Perché si deve fare come dice il Papa?”. - Sorriso morbido -. “Ma perché lui è come se fosse il papà di tutti”.(Ecco perché si chiama Papa!!!). Sconvolto lascio il luogo dell’incidente, tanto si fermerà qualcuno a chiamare l’ambulanza.
Faccia che sorride, tette morbide: la mamma.
E il papà? ....Adesso sono due... troppo complicato, meglio chiedere alla mamma. Sottana svolazzante. Mi appendo e tiro. Sta salutando la nonna. “Saluta anche tu la nonna, dalle un bacio. Bravo.”- Nonna esce -. “Cosa volevi amorino?” “Mamma, quanti figli ha il Papa?”
- Ride - “ Nessuno; il Papa è il servo di Dio, non può avere figli; come per le suore... ti ricordi, te l’avevo spiegato quando avevi visto quella suora col pancione e mi avevi chiesto se aspettava un bambino...” L’avevo detto io che la nonna si sbagliava. Ma ora avevo un nuovo prurito. “Perché il Papa è il servo di Dio? Perché Dio vuole dei servi?” “No, non servi nel senso di schiavi, ma come figli di Dio.” Anche Dio ha dei figli allora... “Chi sono i figli di Dio ?” “Lo siamo tutti, anche i bambini che fanno le marachelle come te” “Anche le suore?” “Si, tutti; perché adesso non torni a giocare con le macchinine?” Faccio cenno di sì col capo e fingo di giocare. Ma se le suore sono le spose di Cristo ( me l’ha detto la mamma ), che poi è Dio, mi pare di capire, come possono essere sue figlie? Poi io so che quando ci si sposa arriva una cicogna che lascia un bambino nel pancione della moglie; quindi se le suore sono le spose di Dio devono avere dei figli... ma mi hanno detto che non li hanno...
...È stato in quel momento che ho deciso che era più semplice che Dio non esistesse: troppe incoerenze, troppe costrizioni, troppe complicazioni a credere nella sua esistenza e poi in fin dei conti io non l’avevo mica mai visto.
...Così non volevo andare a messa.
“...Ricordi, dicesti convinto che Dio non esisteva; t’arrivò un ceffone e tu ti ripromettesti di non farti più influenzare dalla “legge morale divina”; non c’è nessun Dio a cui rendere conto delle nostre azioni.” Sorrido, anche se vorrei piangere, mi ha condotto dove voleva ora è solo questione di tempo... “Può anche darsi, ma alla coscienza si deve sempre rendere conto.” “La coscienza è solo un altro specchietto per le allodole, ma ammettiamo anche di no, perché dovresti avere rimorsi per questo lavoro? L’hai sentito anche tu cosa ha detto quel signore di quell’altro uomo: è una persona abbietta, faresti un favore all’umanità, e poi tesoro mio saresti come un eroe dell’antichità che libera il mondo dal male, il mio eroe tutto per me”
Brava suonatrice di anime, non c’è che dire, conosce tutti gli spartiti ( quantomeno della mia )
“ Si, col rischio di fare la fine di Bruto che per liberare Roma dalla tirannia è passato ai posteri con una nomea a dir poco vergognosa e poi, sai, non si sta molto comodi ad essere masticati per l'eternità dalle fauci di Lucifero, in compagnia di Giuda e ......” "Stronzate!"- La micetta soffia ed interrompe il mio dantesco sfoggio d’erudizione - “Non ti è mai importato cosa pensano i più, e non hai mai creduto a queste cazzate oltremondane, non far finta di cominciare ad interessartene ora!” “Ok, ma che valore può avere il giudizio di una persona che ne vuole un’altra morta, come posso anche solo pensare di credergli?” “Ha lo stesso valore della parola di chi prende anche solo in considerazione la sua proposta; no, no, non obiettare, non dire che non ci stai pensando, quei soldi ci servono, ci servono dannazione!”
Graffi di micetta sul cuore... ... in parte ha ragione.

martedì 11 marzo 2008

CALEIDOSCOPIO 05- In-Certezze schizofreniche



Gabriele sorrise. Gabriele sorrise di gusto. Era la prima volta che sorrideva e non sapeva perché, non sapeva nulla, non avrebbe saputo neanche definire che cosa fosse un sorriso se glie l’avessero chiesto, semplicemente avrebbe continuato a sorridere.
Gabriele sorrise. Gabriele sorrise per la seconda volta. Sorrise a se stesso, sorrise alla sua Ombra che gli rispose seria con un cenno del capo, quindi sorrise all’idea di se stesso, ma non la sua; quell’idea di Gabriele che ha il suo autore, quell’idea di Gabriele che Michele odia, e l’idea lo salutò con un occhiolino ed una nota di luce.
Gabriele sorrise una terza volta. Gabriele sorrise a Michele e l’autore decise allora di odiare ancora di più l’idea che del suo personaggio aveva.
Michele rispose a Gabriele appoggiando con decisione la penna al tavolo e lasciando il personaggio congelato sul suo terzo sorriso.
Michele, con lo sguardo rivolto verso il basso, con lo sguardo rivolto alla scrivania sotto di lui, con lo sguardo rivolto ai fogli sulla scrivania sotto di lui, uno sguardo in tralice al personaggio che emerge dalle parole scritte nei fogli sulla scrivania sotto di lui... ...Michele pensava.
Pensava a Gabriele, o almeno credeva, in realtà pensava all’idea di Gabriele che aveva, l’idea che un autore ha del suo personaggio, non è mai il personaggio, e se pure gli somiglia non è mai del tutto identica a lui, perché, beh, lasciate che ve lo dica, i personaggi sanno sempre sorprendere i propri autori.
Sappiate che nel momento stesso in cui un personaggio prende vita già si discosta da ciò che era prima (l’idea di se stesso nella mente dell’autore), l’esistenza porta in lui un mutamento, un mutamento continuo che lo accompagnerà d’ istante in istante portandolo distante dal percorso tracciato per lui.
Ma questi sono solo pensieri.
Frammenti di pensieri scheggiati.
Cristalli di pensieri interrotti da un suono fastidioso, ripetitivo, quasi petulante.
Michele è infastidito.
- Un primo squillo lo saluta -
...Il telefono, dimostrazione tangibile che esiste un mondo.
Avrebbe quasi voglia di romperlo lanciandolo contro il muro, nella speranza che l’eliminazione della prova dell’esistenza del mondo elimini anche il mondo stesso.
- Un secondo squillo risuona timoroso - (povero piccolo telefonuccio impaurito)
Inutile farlo, esistono molte altre prove e se dovesse eliminarle tutte dovrebbe distruggere tutto ciò che É nel mondo e che lo costituisce....
...in fondo anche se stesso.
- Terzo squillo con nota d’apprensione mista a rimprovero -
Era lui. Si, Michele ne era certo, non poteva che essere lui, solo quella persona faceva squillare il telefono a quel modo, con tutti gli altri (o almeno con quelli che lo chiamavano) il telefono mandava squilli formali, indifferenti.
- Quarto squillo: un animale ferito a morte che ulula aiuto -
Un pensiero fulmineo: mai fidarsi del lupo, anche se ferito.
Avrebbe voluto farlo aspettare ancora un po’, almeno un altro squillo o due, ma era già al quarto e dopo il quinto lui riattaccava.
- Sospiro -
Alza la cornetta ponendo d’improvviso fine, come con un secco colpo di pistola, alla sofferenza del lupo. D’istinto lo sguardo corre al calendario appeso alla parete di fronte.
Dei fogli che si pretende rappresentino il tempo. Alcune date sottolineate. Un giorno cerchiato: oggi. Un giorno cerchiato a matita, col tratto leggero, quasi invisibile, quasi da potersi autoconvincere di non aver visto la data.
Eppure da quella sospetta invisibilità quel giorno balzava subito agli occhi in mezzo a tutte le altre segnature, sottolineature... rifulgeva della sua immacolatezza appena sfregiata dall’impalpabile cicatrice, quella del tratto a matita.
“ Ciao Michele” “Ciao pa’, stavo per chiamarti per dirti che non posso venire.” “Ah, mi spiace, non sei ancora malato vero?” “No, no pa’ sto bene, è solo una questione di lavoro, sai come sono fatto... se non è tutto a posto...” “Già, ti conosco...”
La conoscenza. Una parola da rigirare nella mente così come un sasso levigato tra le mani...
Lo sguardo cade sui fogli sulla scrivania.


L’Ombra di Gabriele si fa seria e guardando l’Idea di Gabriele comincia a parlare.
Ombra: La conoscenza.
Idea: Il fatto di sapere qualcosa
Ombra: Sapere.
Idea: È il non ignorare.
Ombra: Ignorare
Idea: È ciò che non è conoscenza
Ombra: In ultima analisi non posso definire la conoscenza se non attraverso se stessa... non posso dire di conoscere neppure le parole che pronuncio!


“Però promettimi che la settimana prossima verrai a trovarmi, è già la terza volta che non vieni.” “Si, verrò, puoi starne certo.”


Ombra: Tu dai troppe cose per scontato, tu ti crei un mondo fondandolo su certezze che si costituiscono come tali solo perché convenzionali!
Idea: Può anche darsi, ma tu, a rigore, non puoi che dubitare della tua stessa incertezza, a meno che tu non creda che il tuo stesso dubbio sia certezza, ma se così fosse non dovrebbe avere anch’esso un valore puramente convenzionale? Ad ogni modo, non riuscire ad esprimere un termine non significa non riuscire a comprenderlo.


“Ehi Michele, mi stai ascoltando?” “Eh pa’? Scusa ero sovrappensiero, hai detto qualcosa?”
“No, nulla, non importa”


Ombra: Ma chi ti dice che lo stesso termine, lo stesso “qualcosa”, non sia “compreso” in modo diverso a seconda di ogni soggetto che lo comprende?
Idea: È inevitabile, credo, perciò la comunicazione assume sempre un certo grado d’incertezza, ma è un’incertezza relativa, è una diversità di significati che è direttamente proporzionale alla diversità di ogni essere umano, ed è proprio questa pluralità di significati che mostra la ricchezza del linguaggio.
Ma quello stesso qualcosa può anche essere inteso allo stesso modo da diverse persone, non per il loro essere diverse, ma per il loro essere uguali; tra persone diverse vi è sempre comunque qualcosa di uguale, quantomeno nell’esistenza... quantomeno nell’essere umani.

Detto questo l’Ombra e l’Idea guardarono in direzione di Gabriele che sorrise loro.


“Beh Michele, ti saluto, così ti lascio al tuo lavoro.” “Ciao pa’, alla settimana prossima.”
“Già, ...già.”
La cornetta ricade sul ricevitore.... colpo di ghigliottina.... degna conclusione della nobile comunicazione... quella vuota, quella esteriore, che tiranneggia e troneggia tronfia, sprezzante come un monarca assoluto, in ogni modo d’essere..
Neanche una lacrima per la perdita? No, d’altro canto sono sempre stato dalla parte dei giacobini. Vive la France! Vive la Libertè! Vive monsieur Guillotin!
Anche se in effetti la ghigliottina non l’avrei accettata neppure in senso metaforico... troppo netta, troppo certa delle sue decisioni che, d’altronde, sono irrevocabili, con essa non c’è spazio per il dubbio; professatrice di un’unica verità: la sua; non enunciata, ma imposta... ecco come anche gli oppressi sanno farsi oppressori.
È facile presunzione pretendere d’imporre la verità!
Certo! Certezza. Ineluttabile modalità del credibile... essendo certi non si può che credere... e per quanto non si sia certi di poter sempre credere (credere a tutto), credere di essere certi è già certezza.
...Forse; forse è così... ma che senso avrebbe una certezza costituita in modo tale da essere mera espressione del possibile? (Ammesso che il “credibile” sia “solo” l’infinita gamma delle possibilità!) Probabilmente sbaglio, in fin dei conti non ne sono per nulla certo....

sabato 8 marzo 2008

Gli auguri degli ipocriti



Auguri mio piccolo tesoruccio bizzarro!
Auguri di cento cose buone e di mille cattive
Auguri di sonno, sasso, sesso, sporco,
spento, riverso, protervo
e bla, bla, bla ....
di altre cento parole che per tutto conservo.
Auguri di cuore,
un po' di polmone,
di colecisti, che tanto non serve,
Auguri di milza e cistifellea
oppure di fegato e rognoni col soffritto di cipolla e vino bianco
te l'ho preparato per cena.
Prendi pure le mie mimose imbalsamate
da riciclare ogni anno,
(mai troppo vecchie, mai state nuove)
prendile per crisantemi se ti va
ma da domani bricconcella
torni a casa a far la lana.

venerdì 7 marzo 2008

CALEIDOSCOPIO 04- L'annunciazione di Gabriele ( incontri mobili e intermezzo deambulante )




“Mi spiace Gabriele, ho tentato in ogni modo di far partire la macchina, temo che dovremo prendere l’autobus.”
“Non ti preoccupare Luca, non importa, mi basta la tua presenza... io non so se ce la farei a dirlo al nonno da solo.”
Lieve pressione di polpastrelli sul dorso della mano e la carezza del suo sguardo.
Posso leggere nei suoi occhi il silenzio appena percettibile della comprensione; muta, perché inesprimibile profondità di emozioni....
Emergo dal suo volto. Il mondo attorno a me è cambiato senza che me ne accorgessi.
Ora siamo sull’autobus: brusio di fondo; l’insoddisfatto borbottio del motore... gente seduta di fronte a me.
Una coppia, avranno la nostra età, ... ma quel ragazzo... mi ricorda me stesso, ha l’aria così disperata... è snervante, è come guardarsi allo specchio e vedere in lui proprio ciò che vuoi nascondere a te stesso, mi ossessiona, sembra puntare l’indice per sottolineare la mia sofferenza.
No, meglio rituffarsi in Luca, almeno finché non arriveremo dal nonno.


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Scale salite con estrema lentezza.
Ho appositamente evitato l’ascensore.
Il rumore dei passi di Luca dietro di me mi impedisce di fuggire ancora da me stesso.
Mi vergogno a scoprire di essere per questo un po’ stizzito con lui.
Ecco la porta.
D*** A*** sul campanello.
“Ciao nonno.” “Ah Gabriele! Che bella sorpresa mi fai a venirmi a trovare!”
Gabriele sorrise di un sorriso amaro.

domenica 2 marzo 2008

CALEIDOSCOPIO 03- Lady Macbeth




Nella mente le parole di quella lettera che gli era arrivata in mattinata e un’immagine, quella di suo padre morto accasciato sulla scrivania.

Gabriele correva.

Fuga. Fuggire.

L’aria che esce incandescente dai polmoni e si condensa in piccole nubi attorno a me . Mi attanaglia un gelo.... un gelo che brucia. Dannato Cocito! È il tormento di Caina!
Le nubi si perdono nell’aria rapidamente e, con la velocità del mio moto, tutt’altro che perpetuo, tutt’altro che uniforme, le ritrovo alle mie spalle. Le immagino sfatte da un soffio di vento.
La traccia del nostro passaggio. La traccia dell’esistenza umana...piccole nubi di vapor acqueo condensato che si sfaldano sciogliendosi nell’aria sostituite in meno di un istante da altre piccole nubi che seguiranno invariabilmente il destino di quelle che le hanno precedute. Quest'aria sporca è satura dei respiri di mille generazioni. Mi sale un conato di vomito mentre penso che per vivere respiro i cadaveri del passato.

Fuga. Fuggire.

Ma per quanto corra arriverò mai abbastanza lontano da scappare da me stesso?
Corro col volto bagnato.
Il volto rigato... no, non dalle lacrime, ma da gocce di pioggia...pietose...quasi volessero mascherare l’angoscia che provo nello scoprire i miei occhi asciutti... freddi.
Che mostro... che mostro sarei stato se anche rimanendo lì a contemplare il cadavere non fossi riuscito a stillare neppure una lacrima...forse se sono fuggito non è stato per l’orrore, ma per il timore di scoprire che quell’orrore mi lasciava indifferente.
Ancora lo scrosciare della pioggia mi rimbomba nelle orecchie, lungo ininterrotto lamento, lenta agonia di seccaspri sussurri, ritmicamente monotoni, come i miei passi, tanti passi, quanti? ...1, 2,10, 100, 547 ...qualunque numero, per ogni x tale che x appartiene all’insieme dei numeri reali, passi-numeri positivi... e quelli negativi? Sono passi indietro? Beh, io non li faccio credo...non importa solo ora conta, conta per non cadere, linguaggio matematico... la realtà dipende dal sistema con cui la codifichi, un linguaggio impersonale renderà impersonale anche la realtà così posso continuare a pensare, a pensare senza cadere...cadere...no, ci stai ricascando! Pensa ad altro! Ad altro! La sirena di un'ambulanza, mi aggrappo al suo suono, propagazione delle onde sonore, suono più fievole, l’ambulanza si allontana, effetto doppler, curiosa correlazione tra sirene di ambulanze e moto relativo di galassie, già - sorriso abbozzato e subito spento - ma quell’ambulanza... agonia di persone, agonia di stanche stelle...
Dannazione ricominci! Chiudi gli occhi, non pensare, corri, corri a casa.
Casa, casa, eccola spuntare dietro l’angolo, la tana in cui nascondersi, la sabbia in cui infilare la testa ( beati gli struzzi ). Dopo un tempo impensabile l’ho raggiunta, impensabile perché ho spento la mente. Non si può spegnerla? No, è vero, non si può, però la si può ubriacare, ubriacare la mente con le emozioni. Così frastornata la mente non pensa e il dolore che la sovrasta, che l’annega, è come un urlo che per la sua stessa intensità ci rende sordi almeno per un po’.( Che sia questo il motivo della mia apparente freddezza? ). Ci siamo. Tirare fuori le chiavi. Ho le mani umide. Aprire la porta. Togliersi le scarpe perché sono sporche. Ho le mani bagnate. Levarsi il giaccone. Le mani sono intrise. È buio. Accendere la luce. Le mani sgocciolano nell’oscurità. Le mani! Perché sento le mani sporche di sangue? Perché le mie mani sono sporche di sangue innocente? Perché le mie mani sono sporche del sangue della mia innocenza? Non si lava, non si può lavare l’assassinio di una parte di sé. La coscienza, la coscienza è il boia di se stessi, di quella parte di noi che si crede innocente, che si convince di essere nel giusto!

Dannato bastardo! ma perché cazzo l'ha fatto!?!
Forse avrei dovuto cercare di capirlo....
Merda! Avrei dovuto ascoltarlo anche quando non voleva parlare!
Mio padre, la mia coscienza, insomma entrambi.
Avrei dovuto... o forse avrei almeno potuto tentare....

giovedì 28 febbraio 2008

CALEIDOSCOPIO 02- La lettera del morto




“Caro Gabriele.
È la volontà, la volontà di comunicare che mi ha spinto a prendere nuovamente in mano la penna per scriverti. Ho indugiato parecchio presso il telefono; ma ho deciso che preferivo le sbavature d’inchiostro di una lettera.... già, macchie d’inchiostro come scenografie su cui le parole girano, danzano, fanno un inchino ed escono di scena per lasciare posto ad altre parole-attrici; attrici sì, perché destinatarie di un significato che va oltre ciò che esprimono palesemente; è uno stato d’animo, è l’intero mio essere che le parole devono interpretare.
Più fluido in questo modo che non con la secc-elettrica ronzante asprezza che esse assumono al telefono non trovi? Oltretutto ci sono cose che attraverso un telefono non si possono spiegare o capire; come la volontà di comunicare silenzio, il quieto e mesto silenzio, quella strana, armonica intimità di pensieri che sfrecciano come gli archetti sui violini o scivolano pigramente come l’acqua di un ruscello montano; un silenzio pieno, appagante, ma che, per qualche strano motivo, nel momento stesso in cui mi trovo a viverlo, mi spaventa.
E poi che telefonata sarebbe? Una telefonata muta, senza l’espressione del volto, senza i lampi negli occhi più eloquenti di mille parole. Anche la lettera in fondo è solo un mezzo di ripiego.
La verità è che vorrei parlarti faccia a faccia, ma la tua voce mi spaventa, mi sembra sempre di sentire nella tua il peso di tutte le voci del mondo, voci non pronunciate, sussurrate nella mente, voci che forse altri non percepiscono, ma io sì, e ti posso assicurare che con il silenzio quei bisbigli diventano assordanti.




Ti chiederai perché scrivo proprio a te...
... perché tu sei il mio più grande fallimento.
Quando sei nato ho sperato tanto che saresti diventato un pessimo figlio, allora tanto maggiore sarebbe stata la tua imperfezione, tanto più ti avrei amato...ma tu sei sempre stato perfetto, perciò avrei voluto odiarti, ma non sono riuscito a fare neppure questo.
Ti sei mai domandato perché ti ho chiamato Gabriele? Vedi quando nacqui i tuoi nonni erano stati a lungo incerti se chiamarmi Michele o Gabriele. Scelsero il primo nome, ed era come se scegliendo quello, avessero scelto tutto di me, già da bambino ero convinto di essere me stesso in virtù del nome che mi era stato assegnato...Gabriele invece era tutto ciò che io non ero e che sarei potuto essere. Gabriele era la mia ombra, l'incarnazione della mia inquietudine, il modello immaginario che mi lasciava annegare in un mare di bile e frustrazione...ogni volta che venivo rimproverato per qualcosa immaginavo che Gabriele non lo sarebbe stato perché Gabriele si sarebbe comportato meglio di me; ogni volta che perdevo una gara, una sfida, non perdevo solo con me stesso, perdevo contro di lui; ogni volta che ero infelice vedevo Gabriele sorridere.
Era perfetto, era ciò che sarei voluto essere, ed io odiavo la sua perfezione, perciò ti ho chiamato Gabriele: nella vana speranza che tu incrinassi quella perfezione.
Quante volte mi sono chiesto se era possibile, se era possibile dico, che non potessi che odiarlo.
Poi ho capito. Ho capito che odiando Gabriele (cioè la sua idea, la mia idea di lui), odiando l’idea di Gabriele, l’idea di Gabriele che da me è stata creata, io odio anche me stesso.
Quella parte di me che ha creato l’idea di Gabriele, pur per poterla odiare, è essa stessa odiata da me. Io odio il Gabriele che è in me, e lo odio perché non c’è, perché manca, perché in realtà non esiste....non esiste in me.
Perciò ho voluto farmi uccidere da Gabriele; odiando me stesso per non essere lui, ho portato Gabriele ad odiarmi perché lui non esisteva in me, infatti, non esistendo in me, non esisteva affatto se non come paragone, come immagine mentale; era il ritratto di Dorian Gray capovolto.
Ma ora ho vinto IO, IO, IO!!!!Gabriele s’è macchiato! Le piume delle sue ali sono nere, sporcate di pece e pesanti, pesanti, come quelle di un gabbiano invischiato di petrolio, la marea nera che lo circonda lo afferra con le carezze mortali di una coltre di disperazione.... ... lo vedo; con le mani tinte di sangue, chino, disperato, cerca di raccogliere i cocci spezzati della sua aureola in frantumi.
Sono felice.
Così finirà la mia storia.”

venerdì 22 febbraio 2008

CALEIDOSCOPIO 01- Sorrisi esistenziali




Gabriele sorrise. Gabriele sorrise di gusto. Sorrise per la prima volta nella sua vita, anche se, a rigore, già col suo primo sorriso aveva in sé la consapevole certezza dell’esistenza di altri sorrisi, forse mai effettivamente realizzati, mai compiuti, ma quantomeno ricordati, se non altro perché Gabriele era costituito così, e proprio in quanto se stesso, proprio perché Gabriele, avrebbe benissimo potuto sorridere prima, e questo gli bastava per dare coerenza a quei ricordi dei sorrisi che avrebbe potuto fare.... se fosse esistito prima di adesso, prima di questa sua prima azione, prima di questo sorriso.....
....Dovrebbe apparire piuttosto confusa la faccenda agli occhi di Gabriele.
La faccenda del sorriso intendo; beh, anche quella dell’esistere credo, ma in fondo potrebbero essere la stessa cosa.
Il sorriso e l’esistere.
Quantomeno per Gabriele che non ha ancora avuto esperienza di sorrisi sconnessi dall’esistenza, o di esistenza separata dai sorrisi.
Per questo, credo, Gabriele decise che avrebbe sempre sorriso, almeno finché esisteva.
Per questo credo che l’autore che ha dato vita a Gabriele lo abbia subito odiato.
Per il suo esistere, per il suo sorriso, se non per entrambi. Anzi, penso che gli abbia dato vita (dato vita in questo modo) proprio per poterlo odiare liberamente.
Non so, in fin dei conti io conosco ben poco Gabriele, non è lui il mio personaggio; il mio personaggio è il suo autore, gli ho dato un nome, uno a caso perché io non lo odio, l’ho chiamato Michele; a dire il vero ho lasciato quasi che si creasse da sé, l’ho reso un autore anche se non ho ancora bene in mente di cosa, quindi lascerò che sia lui a scegliere, gli ho dato un mondo in cui vivere, un mondo più o meno come quello in cui vivo anch’io, ma non lo stesso, d’altro canto io non sono lui e lui non è me.
Non so se riuscirete a vedere il mondo, quello che ho creato per Michele, sappiate solo che c’è, sarà Michele a decidere se ve ne dovrò parlare oppure no.
Che figura meschina sto facendo! È la mia opera e non so praticamente nulla, a dirla tutta ho lasciato che la Storia, la mia Storia, che poi è anche la sua Storia (di vita, s’intende) se la scrivesse da solo Michele.
Una stupidaggine, un gioco? Direte che se ho creato il mio personaggio con una specifica personalità, allora conoscerò necessariamente la sua Storia e ciò che egli sceglierà di fare.
E invece no. Ho dato a Michele una specifica personalità, ma per quanto possa conoscere questa non posso dire con certezza quali saranno le azioni di Michele.
Davanti ad ognuno di noi si aprono infinite azioni possibili, e se è per questo, non possiamo, ne sappiamo neppure dire con certezza quali decisioni prenderemo noi nel corso della nostra vita (o nell’arco di una sola giornata!!!).
Ma torniamo a Gabriele, dal momento che l’unica cosa che ha fatto Michele è stata creare Gabriele. Per narrare la storia di quello dovrò quindi seguire la storia di questo.
Mi domando se sia possibile che Michele abbia scelto di schiacciare la sua vita dentro l’arte, quasi fosse una coperta da far entrare dentro una valigia troppo stretta, una valigia magari bellissima, ma che sicuramente non ti consente di portare dietro tutto.
Beh, se così fosse la mia storia, la sua storia, si limiterebbe ad essere la storia di Gabriele.
Vedremo.

PREMESSA

Dato il periodo di delirio totale per via della tesi, ho poco tempo da dedicare al blog, così ho deciso di postare un racconto già scritto (In realtà la base già esisteva da anni, però recentemente l'avevo leggermente modificato). L'ho diviso in parti diverse per agevolarne la lettura, e per avere qualcosa da postare in questa fase di nulla creativo dovuta agli impegni. Il racconto è volutamente complesso ( anche nella trama ), se lo dovessi descrivere lo definirei come un metaracconto labirintico, anche perché l'ordine cronologico delle varie parti va ricostruito a posteriori.

giovedì 31 gennaio 2008

Il prezzo di un addio




Templi di gote ammansite, arrossate
capelli muschiati,
macchiati d’arsura aromata.
Demente!
Sussurro e sarcasmo
d’un occhio accecato, piangente
e lamento ansimante
fremente
da tremito scossa
in danza suadente
e commossa.
L’imbarazzo di un vezzo di pizzo
(il prezzo pagato da un pezzo)
e spezzate parole sue a cascate
da singhiozzo speziate
ed io:”ma scusa, comunque t’apprezzo
intermezzo e silenzio mozzo
e di nuovo imbarazzo
e poi pazzo
nell’orrido olezzo e puzzo
stramazzo nel pozzo del mio
ribrezzo.
Azzimato, fiaccato
a pezzi di pezza cuciti
sul tuo fazzoletto
a brandelli, consunto e bianche nocche
brivido e gelide note di notte...
Sguardo rovente
...m’ammazzi...
...t’ammazzo...
Aspetta mia bella sbavata di rosso di sera!”
Ti giri di scatto
svolazza uno schiaffo
mi urli:”sei stronzo!”
... ... dolente rimango di stucco.


lunedì 28 gennaio 2008

La baldracca dei poeti



La grassa puttana cirrotica
(millantatrice di una virtù sgualcita)
prostituisce gretti sorrisi mentre
batte ubriaca e volgare strade siderali.
Appoggiata stanca e sfatta a qualche stella
(solitario lampione del cielo)
la Luna lancia sbuffi di fumo ,
livido di luce, come
il fiato arancione d’insulti
con cui mi bacia
il viso.

martedì 8 gennaio 2008

Risveglio



-Palpebre pesanti-
Il ricordo della notte
incrostato attorno agli occhi
acquosi come gelatinose meduse
sfatte in un albeggiare persistente.


Lattiginoso di nebbia il sole mi
vomita addosso una bava di luce
mentre ricompongo un puzzle
di percezioni sconnesse.