giovedì 24 aprile 2008

Musicologia gay

Mi è capitato di recente di leggiucchiare sul sito dell'A.T.OMO. (associazione tematiche omosessuali) un post sul rapporto tra musica ed omosessualità.




Un post che giustamente si lamentava della banalità con cui viene trattata l'identità omosessuale nel panorama culturale italiano (vedi la Tatangelo). Ammetto però di aver trovato banale anche il video di Levi Kreis("we are ok") portato invece come esempio positivo... Uhmmm è vero che "de gustibus disputandum non est" ma sinceramente mi è parso un po' un backstreet boys mancato.... eheheheh direi che di boy-band ne abbiamo pure troppe senza bisogno di altre canzoncine smielate! Ho pensato allora di rispondere postando qualche video alternativo. Nei commenti posterò anche i testi delle canzoni.


Vista la mia natura criptolesbica comincio da un brano ("Adrenalina") che nasce dalla collaborazione delle MaB con la fantastica Giuni Russo... trovo che la parte musicale sia molto interessante con il passaggio dai suoni duri tipici dell'hard rock delle Mab ai virtuosismi vocali di Giuni.... il testo poi è veramente carino e squarcia il velo della standardizzazione dell'eros che la società ci propone. allora vi lascio alla scossa "adrenalinica" di queste portentose donzelle così potrete cantare anche voi con loro "il mio sistema è stanco di un erotismo bianco!"




Il secondo video è invece dei Franz Ferdinand la canzone è "Michael" e descrive un incontro omosessuale in discoteca, dedicata quindi a questo "beautiful boy on a beautiful dancefloor". Il video in realtà non è granchè, ma il testo è fantastico, se sapete un po' d'inglese andate a leggerlo nei commenti.




L'ultimo video che propongo per oggi è quello di una famosissima canzone degli Electric Six "Gay bar" dove si vede la versione gay di Abramo Lincoln che invita l'ascoltatore a seguirlo al Gay bar perché, dice "I've got something to put in you..." ahahah è spassosissimo, godetevelo.







domenica 20 aprile 2008

CALEIDOSCOPIO 09- Silenzio




Uno svolazzo della mano per accantonare i pensieri dopo aver riattaccato la cornetta.
Il pendolo gli sussurra che ha ancora del tempo a disposizione.
Strana coincidenza averlo dovuto sentire proprio oggi. Quando ho deciso il giorno non mi ricordavo che sarei dovuto andare a trovarlo.... o forse ho scelto proprio questo giorno per avere una scusa per non andarlo a trovare... sarebbe divertente, quasi paradossale...
...Adesso basta scherzi, bisogna pensare alle cose serie; la sua voce, la voce di D*** A***, la voce di mio padre, non doveva essere l’ultima...
Devo rimediare.
In camera dovrebbero esserci ancora delle cassette - sorriso malinconico - quelle su cui registravo la mie parole dare corpo alle poesie che componevo.
Un tocco veloce alla porta d’ingresso nel passaggio. Aperta. Perfetto. Registratore appoggiato pesantemente sulla scrivania e tra le mani una delle molte cassette che aveva in camera, uno sguardo alla data... 7 anni fa circa, dovrebbe andar bene. In fin dei conti una vale l’altra.
- Michele sposta la sedia vicino alla scrivania e vi si siede dando le spalle all’entrata -
- Con la mano si tasta la giacca -... la busta è al suo posto.
Ripassò mentalmente la lista delle cose che avrebbe dovuto fare... annuì pensando che la lettera l’aveva già spedita un paio d’ore prima.
Bene, ora che le cose pratiche erano a posto poteva cominciare.
Avvicinò i fogli a sé, voleva che Gabriele vedesse... accese il registratore - Tump - ...questi risvegliato dal suo letargo sbuffò, gracchiò, scatarrò fuori una voce.
Sentì la sua voce, una voce pesante del peso della polvere di sette anni, cominciava con la data, poi avrebbe lasciato qualche istante vuoto, quindi avrebbe annunciato il titolo... infatti ecco: “Silenzio”la voce della sua mente presente fece eco a quella del suo io passato... no, non la ricordava questa.
Attese qualche attimo aspettando che cominciasse, poi quando gli attimi divennero troppi corrugò la fronte e dopo averlo riavvolto fece ripartire il nastro che invariabilmente ripetè la stessa sequenza di suoni, così come era stato programmato.
... Ma certo, il silenzio, ora ricordava, in quel periodo il silenzio lo affascinava assai più delle parole; un’altra strana coincidenza, troppe forse; ripensò alla sua lettera quindi si mise più comodo sulla sedia e continuò ad ascoltare il silenzio mentre l’Ombra di Gabriele che aveva continuato a fissarlo da quando si era seduto cominciò a parlare:


Ombra: Strano come le parole rimbalzino tra noi stessi, quelle stesse parole che sono uscite da noi sembrano non voler ritornare a noi; quei suoni a cui noi stessi siamo sordi, ma per cui pretendiamo di essere ascoltati dagli altri... di essere accettati dagli altri.
Possibile che l’unica vera comunicazione con se stessi sia costituita da ciò che appare essere la negazione della comunicazione stessa?
Possibile che ciò che viene comunemente rappresentato come un’inconsistente, insuperabile barriera tra chi parla e chi ascolta sia in realtà l’unico filo che collega le anime... le anime dei nostri stessi io e di questi con gli altri, o meglio con le immagini delle anime degli altri che SONO nei nostri stessi io?
Possibile infine che laddove le verità pronunciate falliscano trionfi invece la Verità, quella Verità che non necessita di essere espressa e che anzi se esplicitata tradisce se stessa e diviene altro da se e perciò non-verità? Quella Verità che richiede solo il silenzio per essere colta? ( Ossia riscoperta nel nostro stesso animo, nell’immagine dell’animo che abbiamo nella nostra stessa anima e non nell’idea del nostro animo che pensiamo o che vogliamo che le altre anime; le anime degli altri, abbiano.)
Il Silenzio... se tutto il resto è vano, perché non ascoltare solo ... ... .... .... ...
Idea: Forse perché non tutto il resto è vano: è ciò che costituisce la realtà e quindi il nostro essere.
Ombra: Non credo, il resto non costituisce forse solo il nostro modo di essere in quanto tale?
Idea: Può forse L’ESSERE essere dato senza il modo in cui È?
Ombra: Non nella realtà, non in questa realtà che è costituita dal resto, dal non-silenzio, dal vano.
Idea: Tu ribalti i concetti, per te il concreto diventa vano e l’astrazione del Silenzio fondamento dell’ESSERE stesso; ammettendo solo il Silenzio tu ammetti nell’uomo solo ciò che è comune a tutti gli altri uomini e che proprio perché universalmente umano non necessita di parole per esprimerlo.
Ombra: Così è e deve essere perché solo ciò che è universale per tutti può stare a fondamento di ciò che è predicabile di tutti gli uomini: l’esistenza.
Quella è la parte essenziale dell’uomo, l’unica parte di cui si debba tener conto.
Idea: Poniamo pure che sia come tu dici, sei pronto a perdere te stesso? Perché ciò che ti rende tale non è l’esistenza che è comune a tutti, ciò che ti caratterizza e ti determina è ciò che tu chiami vano.
Ombra: Sono pronto a perdere me stesso se questo significa cogliere l’esistenza e l’essenza, se non mia propria, di tutte le cose.
Idea: Dunque sei pronto a negare anche i pensieri che ti hanno condotto a questo concetto e in ultima analisi sei pronto a rinunciare a questo tuo stesso concetto di esistenza?
Ombra: .... .... .... .... .... ....
Idea: Questo concetto che tu hai è esso stesso parte di ciò che definisci vano; non è affatto universale, tant’è che hai avuto bisogno di esprimerlo a parole, e si può ben dire che nell’esprimerlo tu in realtà lo contraddicessi... è perché tu sei costituito in questo modo e in nessun’altro che hai potuto cogliere quest’idea, e ora, poiché quest’idea ti dice che l’importante è solo l’essenziale e poiché essa stessa si rende manifesta come peculiare e quindi inessenziale, per tutti questi motivi sei pronto a cancellare anch’essa insieme a tutto il “vano”?
Ombra: ..... ...... ....... ....... ....
Idea: Ma se non vuoi/puoi, portarla alle sue estreme conseguenze, coerentemente con se stessa, cancellandola, non puoi che posarla delicatamente come una cosa fragile e preziosa alle tue spalle assieme alle altre cose che hai vissuto e superato, e fare qualche passo avanti con la consapevolezza che questi passi avanti, questo tuo divenire qualcosa d’altro da ciò che eri prima pur rimanendo sempre te stesso, è dovuto anche a ciò che sei stato.
La conseguenza è dovuta ad un fondamento, e, per quanto la prima non sia il secondo, essi non possono neppure essere totalmente diversi tra loro.

Ombra: Mi stai dicendo di abbandonare il Silenzio dimenticandolo?
Idea: Ti sto dicendo che il Silenzio è importante quanto ciò che silenzio non è.
Ombra: Dunque è deciso: non pronuncerò Silenzi tacendo parole, ma farò si che nelle mie parole ci siano echi di Silenzi inespressi e che i miei Silenzi parlino con le parole dell’anima.
Parole sporcate di cose non dette e Silenzi riempiti da accenni significativi.



Gabriele sorrise, e sorridendo avanzò di qualche passo.

mercoledì 16 aprile 2008

Mal di pancia elettorali


Il dado è tratto, le elezioni sono finite e noi italiani ci ritroviamo col governo che ci meritiamo. Nulla da dire, in fondo sono le regole del gioco democratico, e l'Italia è evidentemente spostata a destra. Basta riflettere un istante sui paradossi della storia per capire che anche Camillo Benso conte di Cavour, il padre della destra storica, su certi temi (uno su tutti, la laicità dello stato), era molto più a sinistra del veltroniano partito democratico. Bisogna allora armarsi di pragmatismo e guardare in faccia la realtà, cioè che le elezioni in Italia non si vincono con la testa, ma con la pancia, col portafoglio e con l'immagine. Si può dire che già si sapeva, in fin dei conti, quanto "l'epa croia", per dirla dantescamente, dell'elettore medio si faccia influenzare facilmente dalle lusinghe e dalle favoleggiate promesse di una maggiore ricchezza, così come dagli spauracchi del "diverso"evocati giocando sull'irrazionale e sull'istinto di autoconservazione che s'innesca quando ci si trova di fronte a dei pericoli, siano essi reali o immaginari. Non è affatto una novità se è vero quello che diceva Guicciardini secoli orsono, che gli italiani si dimenticano prima della morte del padre che della perdita del portafoglio.

Ma anche questo mio snobismo di sinistra certo non aiuta a risolvere la situazione; è inutile rinchiudersi nella propria turris eburnea dispensando con spocchia occhiate sprezzanti al mondo che ci circonda come se noi non vivessimo in quello stesso mondo. Allo stesso modo spiegare, come fa Diliberto, il fallimento della sinistra, e mi riferisco nello specifico al clamoroso sfacelo della sinistra arcobaleno, riducendo tutto alla mancanza nel simbolo della falce e del martello, significa mostrare solo di non essere in grado di fare una basilare analisi politica. Che poi adesso il progetto del pdci, sempre secondo Diliberto, debba essere quello di riallacciarsi e di ritornare a quel percoso politico che (parole testuali) si è interrotto nel 1984 con la morte di Berlinguer, mi sembra una follia e diventa la chiara indicazione di una miopia che non consente alla classe dirigente politica di capire alcunchè della società italiana attuale. Le cause della sconfitta, secondo me, sono ben altre. Primo fra tutti, sicuramente, l'appoggio dato al governo uscente senza che a questo impegno corrispondesse la messa in atto di nessuna delle riforme di cui la sinistra doveva essere portavoce. Secondo, anche se strutturalmente più importante, l'impressione che il nuovo soggetto unitario fosse disorganico e impreparato. Certo la sua nascita è stata una risposta obbligata alla strada intrapresa da Veltroni, ma è sempre rimasta l'impressione che si stesse rincorrendo una meta non proprio sentita. Così, anche il programma, mi pare che rispecchiasse il ruolo da "coscienza civica" dei partiti centristi che la sinistra si è ritagliata nell'ultimo decennio (per riferirmi solo a ciò che ho vissuto in prima persona). Pieno di spunti interessanti e (dal mio punto di vista) pienamente condivisibile sul piano etico e su quello dei valori, il programma della sinistra arcobaleno mancava però della necessaria organicità e di pragmatismo economico. Vale a dire che era ottimo sul piano ideale, ma che non proponeva un progetto veramente solido e realizzabile che assicurasse governabilità. Non è questa la critica di un astensionista o di un elettore di chissà quale forza politica liberale... ho votato sinistra arcobaleno e non mi pento di averlo fatto come fanno invece coloro che sono sempre pronti ad abbandonare la barca del perdente alle prime avvisaglie di tempesta. Questo però non significa che non possa criticarne le scelte; con fini costruttivi, è ovvio. In fin dei conti ancora troppo spesso si trovano esponenti della sinistra pronti a citare Marx come fosse il vangelo (più a livello locale che nazionale, è vero), ma io sono ateo in tutti i sensi e non sostituisco un'icona con un'altra divinizzando il pensiero di un uomo che, per quanto acuto, faceva un'analisi che partiva dalla situazione del suo tempo (voglio solo ricordare che il Capitale è stato pubblicato nel 1867!!!!!). Così non ha senso che mi si accusi di essere riformista, di non essere comunista o di chissà che altro; è chiaro che dipende tutto dai termini, se per comunista s'intende colui che segue pedissequamente la "dottrina" economica di Marx e che pensa che nel Capitale ci sia la magica ricetta per la situazione economica di qualunque periodo storico, beh, allora effettivamente non sono comunista dal momento che ritengo che il pensiero di Marx possa sì dare spunti interessanti, ma non risposte concrete alle esigenze del presente.

Qual'è allora la soluzione? beh, qui casca l'asino ed io con esso. Ammetto di non avere ancora le idee abbastanza chiare per poter rispondere a questo, mi sono limitato qui a cercare di capire il senso di quanto è avvenuto, la riflessione critica è solo il primo passo, ma è un punto di partenza imprescindibile per ricostruire qualcosa che veramente abbia un senso. Certo, nell'immediato la cosa migliore da fare penso che sia tentare un maggiore radicamento nel territorio, intervenire localmente in modo deciso ed essere ricettivi nei confronti delle esigenze di un mondo che, per quanto un po' ammuffito e ripetitivo ( come dimostra il Berlusconi III ), non è proprio congelato su posizioni imperiture, perché, come diceva Galileo..... "eppur si muove". (speriamo in meglio)

sabato 12 aprile 2008

CALEIDOSCOPIO 08- La morale di un Blasfemo

Sono passati due giorni dal ...."fatto", non riesco più a dormire, appena chiudo gli occhi vengo sommerso dal suono soffocato dello sparo, sui giornali ancora non c'è traccia dell'.... di nulla.... La mia eva ha deciso che è meglio cambiare aria per un po' abbiamo fatto i bagagli in tutta fretta ed ora siamo sull'autobus diretto alla stazione..... non mi ricordo qual'è la nostra meta, lei me l'ha detto, ma non l'ascoltavo....sentivo solo un rumore lontano di spari. Prima di uscire la mia gattina con l'aria preoccupata mi ha preso il volto tra le mani e mi ha detto di stare calmo, che ancora non era successo niente..... Forse è vero, ma il mio nulla è riempito da quella frase.... l'ultima scritta da quell'uomo.
“Gabriele sorride ancora, ma il sorriso si è incrinato.”
Ancora Gabriele. Il cerchio si chiude ed i miei pensieri tornano alla loro origine.
La coppia davanti a me è scesa dall'autobus; noto una suora. In genere avrei allontanato lo sguardo, ma non adesso. Non posso far altro che osservare i suoi lineamenti distesi, sciolti dalla colpa, liberi quasi dall’oppressione delle proprie azioni... la invidio per questo. Mi domando se non c’è davvero nessun Dio a cui rendere conto delle proprie azioni.
Assurdo.
Impensabile.
Mi sento annullato; ho la tentazione di portare le ginocchia al petto e nascondervi la faccia... già: posizione fetale, ma non posso più tornare alle origini.
La mia innocenza è perduta, e se anche la ritrovassi, il suo candore sarebbe irrimediabilmente scomparso.
...O forse no?
Eppure è inconcepibile che possa essere... se quando l’ho uccisa, quella persona mi era assolutamente indifferente, ora... ora che se potessi darei la mia vita per potergli rendere la sua... ora la odio, per essersi fatta uccidere, per avermi chiesto di farlo, perché adesso sono schiacciato da me stesso ... che candore può trovarsi in quest’odio?
L’attenzione ritorna alla suora; i lineamenti sono sempre morbidi, il sorriso quasi serafico, ma... c’è qualcosa di diverso che prima non avevo notato.
C’è una sorta d’imperfezione, d’incrinatura nella sua quasi sfrontata aura di santità... non saprei descriverla...
E se fossi io a proiettare su di lei quell’imperfezione che è solo mia? Forse per invidia, o perché sento che altrimenti non riuscirei neppure a sostenere il suo sguardo?
No, leggo la stessa sfumatura in quel signore che armeggia goffamente col giornale attento a non perdere l'equilibrio, nella mia “Eva”, ed anche in quell’altro Gabriele, quello che è sceso dall’autobus; la riconosco come peculiare del loro essere.
Possibile che si tratti dell’ombra della debolezza umana che si proietta sugli angoli dei nostri volti, dei nostri gesti... delle nostre parole?
E quella suora, quella santa “Mirra” (come sacrilegamente le ho sempre considerate ), lei, figlia e sposa di Dio, ha peccato, ciononostante la sua autoattribuita “santità” è ancora palpabile.
Mi tornano alla mente le parole di mia madre... non può essere, continuo a sbattere la faccia contro la fragile consistenza dei ricordi... rotti ricordi scheggiati... e da taglienti schegge sono trafitto.
Guardo di nuovo la soror dalla faccia paffuta e rubiconda.... solo ora mi accorgo che mi sembra fasulla.... di plastica.... la sua sottile pellicola si è lacerata e la sua pacatezza ora mi appare mostruosa perchè mi rendo conto che è solo l'aprioristica autoconvinzione di essere nel giusto... il senso delle sue azioni è affogato nel clangore della marcia trionfale di una presunta unica incrollabile verità. L'oblio dei propri atti la rende serena; pensare solo con un metro che non è suo la rilassa; tutto è ricondotto ad un facile schema che permette di non ascoltare se stessi e dietro alla maschera da suora il suo volto dormiente è muto.
No, non è nascondendo me stesso che avrò una risposta.... piuttosto farsi carico delle proprie responsabilità mi renderà più sincero col mio io.
Che sciocchezza rovinarsi la vita con le proprie mani! Devo solo stare tranquillo tanto la polizia non mi troverà mai. Questa frase pronunciata nella mente di un assassino dovrebbe essere accompagnata da una sensazione di sollievo, invece...
... a me sembra solo d'indossare la stesso manto d'ipocrisia che non ho mai accettato.
Dunque in realtà è chiaro quello che dovrei fare... non voglio soffocarmi per poter dimenticare ciò che ho fatto, devo affrontarlo.
...Allora forse mi dovrei costituire....
All’improvviso il frastuono della città si zittisce; il mondo che mi rumoreggia attorno scompare come una bolla di sapone che scoppia.
C’è solo la moralisticamente laica voce della mia coscienza.
Tutt’attorno: ........ ....... ...... ...... Silenzio.





giovedì 3 aprile 2008

CALEIDOSCOPIO 07- Hic et Nunc





La porta è aperta come d’accordo.
Speravo sinceramente che non lo fosse... non sarebbe più dipeso dalla mia volontà, non avrei più dovuto scegliere; le condizioni non erano quelle convenute, magari l’uomo aveva cambiato idea; io sarei tornato in macchina fingendomi irritato... lei la sarebbe stata davvero, però non con me, in un paio di giorni poi le sarebbe passato.- Sospiro-... ma la porta è incontestabilmente aperta e con la sua evidenza sembra accusarmi di non avere coraggio; alla fine lei mi aveva convinto no?... Forse mi ha convinto solo la sua possibile reazione ad un mio rifiuto, i soldi in realtà non m’interessano più di tanto.
Qualche passo si perde in un polveroso silenzio. La porta emette un flebile cigolio . Fermo di colpo. L’uomo è seduto e mi dà la schiena, proprio come aveva detto quell’altro, ignaro della mia presenza, ignaro delle mie intenzioni - Goccia di sudore freddo - E se l’avesse sentito... il cigolio intendo.... certo l’altro uomo mi ha assicurato che non ci sarebbero stati problemi, ma come può esserne certo lui?...E se poi all’improvviso si girasse, magari per una sciocchezza, magari per prendere una cassetta musicale dal momento che c’è un mangianastri sul tavolo, o che so per andare in bagno, o per prendere un bicchiere d’acqua... allora, allora mi vedrebbe e se urlasse e se corresse a chiamare - Pronto polizia, aiuto! C’è uno sconosciuto armato in casa mia! -...?
Sento il cuore battermi in gola; già il cuore, quello di quell’uomo avrebbe smesso tra poco... tamburi nell’abisso... suoni di tamburi muti poiché privi di qualcuno che li suoni.
Basta, ormai ho deciso; beh, lei ha deciso per me, ma, ad ogni modo mettere in dubbio quella decisione adesso comporterebbe prenderne una più difficile nell’immediato futuro...Leopardi... chi non sa decidere non torna mai sulle sue decisioni per non doverle prendere ancora...può darsi che avesse ragione, comunque ormai ho cominciato e porterò pure tutto a compimento.



Michele ascoltava il silenzio e ascoltando il silenzio si percepiscono molte cose: il sommesso cigolio di una porta, dei passi felpati che attraversano l’ingresso, sentiva quasi il suo respiro...il respiro di quel ragazzo. Era quasi tutto pronto; fisso’ Gabriele che sorrideva dai suoi fogli.
Sentì una frase “Michele... è Gabriele che ti uccide!”
Allora, solo allora Michele sorrise di gusto. Sentì un suono soffocato... la pistola col silenziatore... ancora poco.
I pensieri appressandosi alla morte si fanno più veloci, vorticano, ronzano, si frantumano in una fitta pioggia di idee, sensazioni non ancora connesse.
E se nell’agonia di un istante strappato al flusso del tempo,... se nell’ultimo lunghissimo attimo che - furtivo - ho accartocciato in tasca... e se in quei mille, cento e più momenti che potevano essere ma non furono ( o saranno, se si preferisce ) regnasse/perisse l’hic et nunc incontrovertibilmente?
Si, perché in queste frazioni di secondo che sto vivendo prima della mia morte,... in questa monade di tempo divelta dal tempo ( dal resto del tempo ) si sostanzializza il qui ed ora solo per potersi poi dilatare all’infinito; un qui ed ora che si espande riempiendo l’infinita durata di questo istante che non è più un’infima porzione di tempo; slegato dal divenire esso è tutto il Tempo, è l’eternità cristallizzata in un’immobilità che non si può dire che perduri perché ciò implicherebbe il divenire del tempo relativo, ma che E' in questo mio Tempo Assoluto neppure percepito dagli altri.
Forse è adesso che, spezzati, gli “etterni giri” piovono a schegge giù dal cielo, perché è in questo Tempo che è un hic et nunc eterno tra la vita e la morte che si attualizza l'unica possibile immortalità dell’anima.
È divertente pensare alla propria morte mentre si prende coscienza dell’eternità dell’attimo che si sta vivendo... ma questi sono ancora una volta solo pensieri... dunque anch’io caddi come corpo morto cade.



- L’uomo si è accasciato sulla scrivania di fronte alla quale era seduto -.
È morto... è morto, non c’è più polso: è morto. Nessuna parola più di questa esprime la presenza del vuoto. Sento solo il freddo; vedo il mio corpo compiere azioni quasi automaticamente; guardo tutto senza vedere. Alzo il corpo a sedere (il suo stavolta) e gli sfilo la busta dalla giacca, quella in cui ci sono il resto dei soldi..era stato quel tizio a dirmi che l’avrei trovata lì, e, anche se a me era parsa una cosa assai poco sensata, la busta c’è davvero. Mi faccio coraggio e gli osservo il volto.
Sorride, sorride... ma non capisco... è quello, è quell’uomo che mi aveva commissionato... mi fermo senza la forza di pronunciare neanche nella mente il nome di quell’azione che pure ho avuto il coraggio ( o meglio, la vigliaccheria ) di compiere. Strano come a volte si temano più le parole delle cose.
E quella frase? Perché mi ha chiesto di pronunciare quella frase prima di sparare?
No, non dovevo farlo! Via, via, devo andare via! Nel girarmi lo sguardo cade sui fogli sulla scrivania; i fogli su cui si è accasciato l’uomo, vittima e mandante.
I fogli sono pieni, ma vi è scritta una sola frase ripetuta ossessivamente: “Gabriele sorride”.
Solo il foglio che il morto tiene ancora in mano appare differente, stavolta la frase non è ripetuta; vi è scritto una sola volta: “Gabriele sorride ancora, ma il sorriso si è incrinato.”