giovedì 3 aprile 2008

CALEIDOSCOPIO 07- Hic et Nunc





La porta è aperta come d’accordo.
Speravo sinceramente che non lo fosse... non sarebbe più dipeso dalla mia volontà, non avrei più dovuto scegliere; le condizioni non erano quelle convenute, magari l’uomo aveva cambiato idea; io sarei tornato in macchina fingendomi irritato... lei la sarebbe stata davvero, però non con me, in un paio di giorni poi le sarebbe passato.- Sospiro-... ma la porta è incontestabilmente aperta e con la sua evidenza sembra accusarmi di non avere coraggio; alla fine lei mi aveva convinto no?... Forse mi ha convinto solo la sua possibile reazione ad un mio rifiuto, i soldi in realtà non m’interessano più di tanto.
Qualche passo si perde in un polveroso silenzio. La porta emette un flebile cigolio . Fermo di colpo. L’uomo è seduto e mi dà la schiena, proprio come aveva detto quell’altro, ignaro della mia presenza, ignaro delle mie intenzioni - Goccia di sudore freddo - E se l’avesse sentito... il cigolio intendo.... certo l’altro uomo mi ha assicurato che non ci sarebbero stati problemi, ma come può esserne certo lui?...E se poi all’improvviso si girasse, magari per una sciocchezza, magari per prendere una cassetta musicale dal momento che c’è un mangianastri sul tavolo, o che so per andare in bagno, o per prendere un bicchiere d’acqua... allora, allora mi vedrebbe e se urlasse e se corresse a chiamare - Pronto polizia, aiuto! C’è uno sconosciuto armato in casa mia! -...?
Sento il cuore battermi in gola; già il cuore, quello di quell’uomo avrebbe smesso tra poco... tamburi nell’abisso... suoni di tamburi muti poiché privi di qualcuno che li suoni.
Basta, ormai ho deciso; beh, lei ha deciso per me, ma, ad ogni modo mettere in dubbio quella decisione adesso comporterebbe prenderne una più difficile nell’immediato futuro...Leopardi... chi non sa decidere non torna mai sulle sue decisioni per non doverle prendere ancora...può darsi che avesse ragione, comunque ormai ho cominciato e porterò pure tutto a compimento.



Michele ascoltava il silenzio e ascoltando il silenzio si percepiscono molte cose: il sommesso cigolio di una porta, dei passi felpati che attraversano l’ingresso, sentiva quasi il suo respiro...il respiro di quel ragazzo. Era quasi tutto pronto; fisso’ Gabriele che sorrideva dai suoi fogli.
Sentì una frase “Michele... è Gabriele che ti uccide!”
Allora, solo allora Michele sorrise di gusto. Sentì un suono soffocato... la pistola col silenziatore... ancora poco.
I pensieri appressandosi alla morte si fanno più veloci, vorticano, ronzano, si frantumano in una fitta pioggia di idee, sensazioni non ancora connesse.
E se nell’agonia di un istante strappato al flusso del tempo,... se nell’ultimo lunghissimo attimo che - furtivo - ho accartocciato in tasca... e se in quei mille, cento e più momenti che potevano essere ma non furono ( o saranno, se si preferisce ) regnasse/perisse l’hic et nunc incontrovertibilmente?
Si, perché in queste frazioni di secondo che sto vivendo prima della mia morte,... in questa monade di tempo divelta dal tempo ( dal resto del tempo ) si sostanzializza il qui ed ora solo per potersi poi dilatare all’infinito; un qui ed ora che si espande riempiendo l’infinita durata di questo istante che non è più un’infima porzione di tempo; slegato dal divenire esso è tutto il Tempo, è l’eternità cristallizzata in un’immobilità che non si può dire che perduri perché ciò implicherebbe il divenire del tempo relativo, ma che E' in questo mio Tempo Assoluto neppure percepito dagli altri.
Forse è adesso che, spezzati, gli “etterni giri” piovono a schegge giù dal cielo, perché è in questo Tempo che è un hic et nunc eterno tra la vita e la morte che si attualizza l'unica possibile immortalità dell’anima.
È divertente pensare alla propria morte mentre si prende coscienza dell’eternità dell’attimo che si sta vivendo... ma questi sono ancora una volta solo pensieri... dunque anch’io caddi come corpo morto cade.



- L’uomo si è accasciato sulla scrivania di fronte alla quale era seduto -.
È morto... è morto, non c’è più polso: è morto. Nessuna parola più di questa esprime la presenza del vuoto. Sento solo il freddo; vedo il mio corpo compiere azioni quasi automaticamente; guardo tutto senza vedere. Alzo il corpo a sedere (il suo stavolta) e gli sfilo la busta dalla giacca, quella in cui ci sono il resto dei soldi..era stato quel tizio a dirmi che l’avrei trovata lì, e, anche se a me era parsa una cosa assai poco sensata, la busta c’è davvero. Mi faccio coraggio e gli osservo il volto.
Sorride, sorride... ma non capisco... è quello, è quell’uomo che mi aveva commissionato... mi fermo senza la forza di pronunciare neanche nella mente il nome di quell’azione che pure ho avuto il coraggio ( o meglio, la vigliaccheria ) di compiere. Strano come a volte si temano più le parole delle cose.
E quella frase? Perché mi ha chiesto di pronunciare quella frase prima di sparare?
No, non dovevo farlo! Via, via, devo andare via! Nel girarmi lo sguardo cade sui fogli sulla scrivania; i fogli su cui si è accasciato l’uomo, vittima e mandante.
I fogli sono pieni, ma vi è scritta una sola frase ripetuta ossessivamente: “Gabriele sorride”.
Solo il foglio che il morto tiene ancora in mano appare differente, stavolta la frase non è ripetuta; vi è scritto una sola volta: “Gabriele sorride ancora, ma il sorriso si è incrinato.”

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